Il prossimo 4 novembre ancora una volta
sarà celebrata la “festa” delle Forze Armate.
Per noi non è una festa. La
partecipazione italiana alle guerre degli ultimi 26 anni, malgrado gli
obiettivi dichiarati, ha creato nuovi nemici e non ha prodotto per le
popolazioni aggredite né pace, né garanzia di diritti, né progressi di libertà,
ma neanche maggiore sicurezza per noi aggressori.
Ricordiamo di quali guerre si è
trattato, in violazione dell’articolo 11 della Costituzione che ripudia la guerra come strumento
per la risoluzione dei conflitti:
Ø 17
gennaio 1991: l’Italia interviene nella guerra all’Iraq (prima guerra del
Golfo)
Ø 11 dicembre
1992: l’Italia si aggrega agli USA nella guerra in Somalia
Ø 24 marzo 1999:
l’Italia partecipa alla guerra del Kosovo bombardando la Serbia
Ø 7 ottobre
2001: l’Italia partecipa alla guerra in Afghanistan… che continua…
Ø 20 marzo 2003:
l’Italia interviene nella guerra all’Iraq (seconda guerra del Golfo)
Ø 27 marzo 2011: l’Italia si aggrega alla guerra della NATO
per bombardare la Libia.
La produzione e la vendita di armi
continuano ad aumentare nonostante la crisi che ha colpito gli altri settori
dell’economia e produce pesanti tagli nelle spese sociali.
Eppure anche l’Unione Europea sta
esaminando la proposta di sostenere economicamente le industrie belliche:
proprio il 10 novembre politici e mercanti di armi si riuniranno a porte chiuse
a Bruxelles su questo tema.
L’Unione Europea dovrebbe promuovere la
pace, non dare sussidi all'industria delle armi!
Cittadine e cittadini europei
manifesteranno il loro dissenso in modo organizzato e non violento, per
dichiarare che: “I mercanti d’armi non sono benvenuti a Bruxelles.”
Oggi la spesa
militare italiana ammonta, secondo i dati ufficiali della Nato, a circa 20
miliardi di euro nel 2016… in media 55 milioni di euro al giorno… Stando
comunque ai dati della Nato, l’Italia spende in un solo giorno per il militare
più di quanto ha destinato il governo per l’emergenza terremoto (50 milioni).
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