Come donne in nero di Padova desideriamo condividere informazioni e riflessioni intorno alla guerra.

Crediamo che la guerra mostri oggi la sua totale crudeltà e inutilità.

29 dicembre 2020

Rotta balcanica: vergogna per l'Europa, l'Italia, tutti noi

Comunicato Stampa della Rete Diritti Accoglienza Solidarietà Internazionale Friuli Venezia Giulia

27.12.2020

 

C'è quest'anno, in un luogo vicinissimo al FVG, un presepe tragico e violento di cui nessuno vuole parlare: è quello che coinvolge alcune migliaia di profughi disperati, privi di alcun ricovero ed esposti al freddo dell'inverno, che si trovano nell'area di Bihac (Bosnia). Il  campo di Lipa, posto su un altopiano isolato e disabitato a 30 km da Bihac, era stato allestito a fine estate come struttura provvisoria per 1500 persone (ed era arrivato ad averne oltre 2000); il campo non ha allacci alla rete fognaria, né corrente elettrica, né riscaldamento. Dopo settimane di inutili insistenze e pressioni sulle autorità bosniache ed europee affinché le persone venissero evacuate da una situazione priva delle condizioni minime per la sopravvivenza, due giorni prima di Natale, l'IOM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) che gestisce i campi per i rifugiati in Bosnia con fondi dell'Unione Europa ha deciso di chiudere e di andarsene, abbandonando nel nulla quasi 2000 persone. Il governo di Sarajevo ha chiesto di riaprire almeno una degradata ex fabbrica vicino alla città di Bihac, già usata per una accoglienza provvisoria, ma il governo del cantone vi si oppone.

 

Così, senza nemmeno una capanna e asini e buoi per riscaldarsi, a poche centinaia di chilometri dal nostro confine ora dopo ora si fa concreto il rischio di morte per stenti e assideramento di un numero imprecisabile ma enorme di giovani afghani, iracheni, pachistani, siriani, e anche africani già bloccati, da anni, sulla Rotta balcanica. Al momento della pubblicazione di questa nota (27 dicembre 2020) nessuna soluzione, neppure emergenziale, è stata trovata, mentre si sta consumando una catastrofe umanitaria senza precedenti ma del tutto ignota in Italia.

 

Per anni l'Unione Europea, anziché organizzare programmi di reinserimento dei rifugiati, ha finanziato (come già fa in Libia in Turchia e in Grecia) le diverse istituzioni bosniache per bloccare i migranti e confinarli in condizioni disumane dentro luoghi inabitabili, mentre ha elargito ingenti somme alla Croazia affinché respinga con ogni mezzo, anche tramite violenze efferate, chi cerca di fuggire e giungere in Europa, come denunciato da Amnesty International e da molti enti internazionali. Ora persino questa forma di confinamento dei migranti viene meno, lasciando il posto semplicemente alla morte per abbandono.

 

Mentre in Italia siamo impegnati in dotte dissertazioni sull’esegesi dei vari decreti e “soffriamo per la ristrettezza” di pranzi e cenoni, ai pochi migranti che, in condizioni sempre più disperate, riescono ad arrivare al confine italiano, viene impedito di chiedere asilo, in aperta violazione delle leggi della nostra Repubblica e di quelle dell'Unione Europea. Si chiamano, con un termine dolce ed ingannevole, riammissioni e vengono presentate come legali, ma di legale non c'è nulla. Attraverso un abile meccanismo a catena tra Italia, Slovenia e Croazia, le persone vengono rigettate in Bosnia dove si ritrovano di nuovo in condizioni inumane e degradanti. 

 

Di questo dramma che si consuma a 300 km da Trieste quasi nessuno parla, né autorità civili né religiose, né intellettuali nè politici: a lanciare l'allarme ci ha provato il quotidiano cattolico Avvenire, che per ben tre domeniche nel mese di dicembre ne ha trattato anche in prima pagina; tuttavia pare che nulla sia sufficiente per smuovere la pesante cappa di silenzio che ci avvolge, soprattutto in FVG.

 Riprendendo le parole del giornalista Nello Scavo su Avvenire del 5/12, la Rete DASI chiede verità riguardo la “via della vergogna, sulla rotta balcanica, dove le violenze delle polizie lasciano segni permanenti, e anche l'Italia respinge chi avrebbe diritto alla protezione" .

 

Nei prossimi giorni la Rete DASI organizzerà iniziative (raccolta fondi e materiali) per portare aiuto ai migranti abbandonati a sé stessi in Bosnia, chiedendo ai cittadini e alle cittadine del FVG di dimostrare che non vogliono essere complici delle attuali politiche di morte.

 

Rete Diritti Accoglienza Solidarietà Internazionale FVG

 

 

 


 

 

 

21 novembre 2020

25 novembre Giornata mondiale contro la vIolenza sulle donne

 

Polonia, Colombia, Cile, Rojava, Palestina, Bielorussia, Messico………

Ovunque le donne si mobilitano

CONTRO la paura di essere importunate, molestate, violentate, uccise, contro ogni tipo di discriminazioni di genere, contro la precarizzazione e i licenziamenti che, a causa del Coronavirus, le riportano in casa, contro la carenza dei servizi che carica sulle loro spalle tutto il lavoro di cura di bambini, anziani, malati, contro le disparità salariali, contro una cultura maschilista che nega loro il diritto di scegliere liberamente come vivere, come vestirsi, dove andare, di chi innamorarsi, contro il saccheggio delle risorse naturali, contro l’inquinamento che mette in discussione la possibilità stessa di respirare e vivere, contro le devastazioni delle guerre

PER il diritto all’aborto sicuro, legale e gratuito, per il diritto di scegliere se avere o no un figlio, di vivere in sicurezza senza il timore di essere importunate, violentate e uccise, per vivere in pace, per un’educazione e una salute gratuite, per ottenere giustizia, per una cultura rispettosa delle differenze e dell’ambiente, per una cultura di pace e solidarietà.

Ovunque le istituzioni reagiscono con una repressione indiscriminata, con la soppressione delle libertà democratiche di organizzarsi e manifestare, con la limitazione di diritti già conquistati, persino con abusi sessuali ad opera delle stesse forze di polizia.

 


A fianco di tutte le donne che vogliono essere protagoniste

manifestiamo il 25 novembre alle 11.30

sulla gradinata della Gran Guardia in piazza dei Signori a Padova

 

IL PATRIARCATO NON VINCERà

 

Donne in Nero E CENTRO PANDORA

 

13 novembre 2020

Atti Convegno "La verità delle donne..."

"La verità delle donne. Percorsi e pratiche di giustizia con un approccio femminista"

Dopo un lungo lavoro iniziato nei mesi del lockdown, ecco finalmente gli atti del Convegno "La verità delle donne. Percorsi e pratiche di giustizia con un approccio femminista", svoltosi il 15 febbraio 2020 presso la Casa Internazionale delle Donne di Roma e organizzato dalla Rete italiana delle Donne in Nero. 

Ci auguriamo che questi materiali possano consentire una rivisitazione, individuale e collettiva, dei temi che sono stati al centro del nostro incontro romano. 

Potete scaricare gli Atti al seguente link:

http://donneinnero.blogspot.com/2020/11/la-verita-delle-donne-percorsi-e.html


 

01 novembre 2020

4 NOVEMBRE GIORNATA DI RIFIUTO DELLA GUERRA

 

Il 4 novembre, anniversario della fine della “inutile strage” della prima guerra mondiale, vogliamo ricordare la carneficina che ha costato la vita a 660.000 soldati italiani e ha causato 16 milioni di vittime in tutto il mondo. 

Vogliamo ricordare le vittime di questa e di tutte le guerre: solo opponendosi a tutte le guerre si onora la memoria delle persone che dalle guerre sono state uccise. 

Il generale Luigi Cadorna, comandante in capo dell’esercito italiano fino al novembre del 1917, è uno dei maggiori responsabili di questa carneficina e delle centinaia di fucilazioni per decimazione e giustizia sommaria di soldati che si erano rifiutati di partecipare ai massacri o che avevano disobbedito agli ordini criminali di chi li aveva mandati al macello. 

Dal telegramma del generale Luigi Cadorna del 1 novembre 1916: “… ricordo che non vi è altro mezzo idoneo a reprimere il reato collettivo che quello dell’immediata fucilazione dei maggiori responsabili e allorché l’accertamento personale dei responsabili non è possibile rimane il dovere e il diritto dei comandanti di estrarre a sorte tra gli indiziati alcuni militari e di punirli con la morte…”

E’ questo personaggio degno di avere una via intitolata al suo nome? Pensiamo piuttosto che si dovrebbero ricordare i Fucilati per decimazione e giustizia sommaria durante la prima guerra mondiale. 

Per questo, per restituire loro dignità e memoria, mercoledì 4 novembre 2020 dalle 12.30 alle 13.30 saremo in via Cadorna (incrocio con via Cavalletto) per un’azione simbolica di giustizia riparativa.

 Auspichiamo inoltre che il Parlamento italiano approvi finalmente – come altri paesi europei ex belligeranti hanno già deliberato - la proposta di legge che riabiliti i soldati italiani uccisi per fucilazione e decimazione durante il primo conflitto mondiale. 

Donne in Nero e Centro Pandora 

Aderiscono: Movimento Internazionale della Riconciliazione – Coordinamento padovano per il Centenario della Grande Guerra 4 novembre 2020 

Da “Officina del macello. 1917 la decimazione della Brigata Catanzaro” di GIANLUCA COSTANTINI e ELETTRA STAMBOULIS


CONTRO LA GUERRA PER IL NAGORNO KARABAKH

Il conflitto armeno-azero per il Nagorno Karabak dura da trent’anni. Negli ultimi giorni è diventato una guerra dichiarata, causando grandi perdite umane e materiali. Ad essere colpita è, come sempre ormai, la popolazione civile, e principalmente donne, bambini e bambine. Grandi stati, fondamentalmente Turchia e Russia, sono coinvolti in questo conflitto, perseguendo i loro interessi geostrategici ai danni sia dell’Azerbaigian che dell’Armenia. 

Il conflitto nel Nagorno Karabak affonda le proprie radici nella politica del divide et impera di Stalin, che incluse la regione, abitata in maggioranza da Armeni, nella Repubblica Sovietica dell’Azerbaigian. Le tensioni interetniche mai sopite sono scoppiate a partire dal 1988, tramutandosi nel 1991 in conflitto interstatale tra Armenia ed Azerbaigian ormai diventate indipendenti. L’accordo per il cessate il fuoco firmato nel 1994 ha sancito l’occupazione militare del Nagorno Karabak da parte delle forze armene. La guerra aperta si concluse con gli accordi per il cessate il fuoco firmati a Bishkek (Kirgizistan) nel 1994, da quel momento il territorio rimase sotto l’occupazione militare dell’Armenia. Nell'aprile del 2016 vi fu una recrudescenza con la "Guerra dei quattro giorni" che si è conclusa con una tregua tra le parti in conflitto: Nagorno Karabakh e Armenia da una parte e Azerbaijan dall'altra. Un cessate il fuoco formale che non ha però mai fermato gli scontri sulla linea del fuoco, dove militari e civili vengono regolarmente uccisi. Le parti in conflitto continuano ad accusarsi a vicenda di violare il cessate il fuoco. 

Da femministe e antimilitariste, sosteniamo

- la dichiarazione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU (29 settembre 2020) che invita a un URGENTE cessate il fuoco e inizio di negoziati; 

- tutti coloro che in Nagorno Karabak, Armenia e Azerbaigian rifiutano la mobilitazione per la guerra: obiettori di coscienza, disertori, attivisti/e contro la guerra; 

- il comunicato congiunto antiguerra dei giovani di sinistra di Azerbaigian e Armenia che condannano il conflitto armato, l’odio nazionalista, la militarizzazione e chiedono una soluzione pacifica del conflitto, il dialogo, una pace con giustizia, solidarietà e coesistenza (https://www.eastjournal.net/archives/110581?fbclid=IwAR3BR8jgXt7-yOAD-A8ICfylVonulesdOeF6-od9eXUWDqSa46VUTV57rUU) 

 Georgiani/e, armeni/e e azeri/e manifestano per la pace e contro la guerra a Tbilisi, capitale della vicina Georgia, 

PER DIRE “STOP ALLA GUERRA IN NAGORNO KARABAK” 

“STOP A TUTTE LE GUERRE” 

saremo in piazzetta della Garzeria a Padova mercoled’ 14 ottobre alle 17.30 

Donne in Nero – Centro Pandora

28 agosto 2020

Per una giustizia delle donne per le donne

MERCOLEDÌ 16 SETTEMBRE 2020 ORE 20.30
presso la Fornace Carotta Via Siracusa, 61 - Padova

le DONNE IN NERO e il CENTRO PANDORA 
presentano il libro
LA VERITÀ DELLE DONNE
VITTIME DEL CONFLITTO
ARMATO IN COLOMBIA

pubblicato dalla Ruta Pacifica de las Mujeres di Colombia tradotto in italiano e pubblicato a cura delle Donne in Nero italiane
Video intervista a KELLY ECHEVERRY ALZATE
 attivista e documentarista colombiana della Ruta pacifica de las Mujeres, che ha collaborato alla raccolta delle testimonianze e curato il dossier.



La RUTA PACIFICA DE LAS MUJERES è una rete femminista che riunisce più di 300 organizzazioni di donne attive nel paese, fra cui anche le Donne in Nero colombiane attive nella rete internazionale delle Donne in Nero contro la guerra.

DICIAMO BASTA!



mercoledì 2 settembre, h 17.30
piazzetta della garzeria, padova

  •        L’esercito italiano è impegnato in 41 “missioni” nel mondo 
  •     che possono impiegare fino a 8613 soldati, 
  •     per cui è prevista in bilancio una spesa 1.161,3 milioni di euro (l’anno scorso sono stati spesi 1.130,5 milioni). 
  •     Questi impegni sono stati approvati dal Parlamento nello scorso mese di luglio. 
  •    Solo 7 delle 41 “missioni” sono condotte dall’ONU; tra queste l’impegno maggiore dell’Italia è nella missione UNIFIL in Libano, dove operano più di 1000 militari italiani
  •     Negli altri casi si tratta di partecipazione ad iniziative dell’Unione Europea, della NATO, o anche di “collaborazioni” con singoli paesi. E’ questo il caso ad es. della “Missione Bilaterale di assistenza e supporto in Liba” (MIBIL) che impegna 400 militari, 142 mezzi terrestri e 2 aerei, per un costo previsto di 48 milioni di euro. Ben poche di queste “missioni” possono essere giustificate come interposizione per evitare scontri armati. Alcune durano da anni (in Afghanistan dal 2001, in Iraq dal 2003…) senza risolvere i problemi, anzi. 
  •     Nella maggior parte dei casi lo scopo (sovente anche dichiarato) è “la difesa di interessi strategici”, di tipo economico o di prestigio.

Ma il caso peggiore è proprio la collaborazione con la Libia, più volte condannata dalle organizzazioni umanitarie e anche dall’ONU per la violazione dei più elementari diritti umani nei “lager” dei migranti.

Non c’è sicurezza con più armi e militari in giro per il mondo!

Non ha senso spendere tanto in imprese militari; tanto più ora che la scuola, la sanità, la crisi economica, richiedono interventi urgenti per poter affrontare il difficile momento che stiamo vivendo.

Non c’è pace senza giustizia!

Per sapere dove operano nel mondo i militari italiani, vedi:





Donne in Nero – Centro Pandora


Per info: 
donneinnero.padova@gmail.com - centropandorapadova@gmail.com - controlaguerra.blogspot.com

15 agosto 2020

LO RIPETIAMO: È LA NORMALITÀ, IL PROBLEMA!


La pandemia ci ha fatto scoprire quanto siamo fragili e vulnerabili, e di questa malattia sappiamo ancora molto poco. Tutto questo ha generato catastrofi sanitarie, ma ci sono anche i casi di governanti – come Trump o Bolsonaro o Netaniahu – che non hanno voluto vedere la gravità del problema e per arroganza, presunzione, dispotismo, non hanno voluto prendere per tempo le misure che erano state consigliate, pur disponendo di grandi mezzi. La situazione, in molti paesi, era già pesante, ma è ancora peggiorata.

Al dramma delle troppe persone decedute, si accompagna l’aggravarsi delle disparità in tutti i paesi tra persone e fasce della popolazione sempre più in difficoltà e altre sempre più abbienti.

Troviamo un dato a livello mondiale nel rapporto Oxfam “Il virus della fame. L’impatto del coronavirus su un mondo già affamato1: in conseguenza del confinamento in agricoltura è stata stravolta la possibilità di semina, trattamento dei campi e raccolta dei prodotti, al punto che circa 100 milioni di persone sono state private della loro principale fonte di reddito. Una conseguenza segnalata dal rapporto è che a essere esposte al rischio di morte per fame sono in primo luogo le donne e le famiglie che dipendono da loro: esse si dedicano soprattutto a colture di sussistenza e la pandemia ha accentuato una vulnerabilità già esistente, dovuta alle discriminazioni per cui guadagnano meno e posseggono meno beni rispetto agli uomini.

Anche in Italia, sia sul piano economico, sia dal punto di vista della possibilità di accesso a servizi e beni si sono aggravate le disuguaglianze: molte famiglie, molte persone non hanno risorse sufficienti per poter vivere diversi mesi senza reddito, e continuano ad affollare centri per la distribuzione di cibo; un terzo degli studenti non ha avuto possibilità di seguire la didattica a distanza e avrà sempre più difficoltà nella costruzione del proprio futuro; molte altre persone, con magri proventi di lavoro nero o occasionale, sono diventate invisibili ed escluse da ogni piano che le ricomprenda.

Nei mesi scorsi tanti e tante hanno detto che dopo la pandemia bisognava tornare alla normalità: ma quale normalità? Da molti anni ha significato tagliare gli investimenti nella sanità pubblica, nella previdenza, nell’assistenza, nell’istruzione. E nello stesso tempo ha invece fatto destinare sempre più denaro alla produzione e al commercio di armamenti, alle missioni militari, all’ammodernamento delle attrezzature belliche (circa 26 miliardi di spese militari per il 2020).
Quelli che prima erano i problemi della “normalità” si sono oggi esacerbati e sono diventati anche più evidenti; non è a quella “normalità” che vogliamo tornare, anzi vogliamo adoperarci perché niente sia più come prima: non abbiamo bisogno di una sicurezza armata, ma di una sicurezza che sia difesa e cura della vita.

PRIMA LA VITA, PER TUTTE E TUTTI INSIEME, SICURE/I IN UNA TERRA LIBERATA DALLO SFRUTTAMENTO DELLE RISORSE, DALL’INQUINAMENTO, DA TUTTE LE ARMI.

Donne in Nero della Casa delle Donne di Torino
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1 https://www.oxfamitalia.org/wp-content/uploads/2020/07/Report_IL-VIRUS-DELLA-FAME.pdf 

10 agosto 2020

CRISTINA, UNA VITA PER RENDERE GIUSTIZIA ALLE DONNE

Ci ha lasciato Cristina Cattafesta, sorella, compagna, amica, la ricordiamo indomita e sorridente, tenace e tenera. 

Con una grande capacità di guardare al futuro, convinta della possibilità di migliorarlo. 

Per amore del mondo.


E' una grande perdita per noi e per tutte le donne che lei sosteneva e accompagnava. 

Ma per tutte resta presente a indicare un cammino di lotta e liberazione.