Come donne in nero di Padova desideriamo condividere informazioni e riflessioni intorno alla guerra.

Crediamo che la guerra mostri oggi la sua totale crudeltà e inutilità.

08 aprile 2012

la violenza e la guerra

Carissime donne in nero e non solo

Che siamo in un difficile momento è ovvio per tutte e tutti, che molte siano le considerazioni da fare, i punti nei quali ci si sente attaccate, anche questo è per tutte evidente:il nostro modo di essere nel mondo e talvolta anche la sua possibilità sono profondamente scosse e messe in discussione . Ma poco si discute e si parla del nodo centrale di questo sistema tranne in alcune aree specifiche). Questo nodo ci sembra continuare ad essere l'uso della violenza da parte dello stato nelle guerre; uso della violenza che viene mistificato con il concetto di difesa (seppure armata) del nostro stato. E' dichiarato apertamente che la difesa si fa difendendo i nostri interessi fuori dal nostro territorio. questa è sempre stata l'argomentazione principe per ogni guerra di attacco e continua a valere ancora oggi, ammantata da intervento umanitario talvolta. Che cambiamento può nascere da questa crisi se questo asse portante delle nostre civiltà rimane un punto fermo ed è solo oggetto di una revisione che razionalizza la spesa (anche questo con tanto fumo negli occhi)?
Per uscire dalla crisi e dalle soluzioni proposte che annullano diritti e certezze e vite umane vale la pena di pensare a cambiamenti radicali, avendo come riferimento di fondo il bene comune.
Sentiamo come impellente riproporre l'uscita dalle guerre in corso, il taglio delle spese militari e un ripensamento collettivo sul significato di difesa e della sua organizzazione.

Come riporta Marcon a proposito delle decisioni del governo italiano:
"non si parla complessivamente di tagli alla spesa ma - dice Di Paola - di «bilanciare la spesa militare in senso virtuoso» (cioè meno soldi per gli stipendi e più risorse per le armi) per una riforma da fare, bontà sua, «senza richiedere risorse aggiuntive». E Di Paola ha aggiunto che non si tratta di un intervento «lacrime e sangue»: quelle infatti le versano già operai e pensionati, mentre i generali possono sorridere ancora una volta. I tagli al personale delle Forze Armate sono buona cosa, ma se ne possono fare tranquillamente il doppio e non è necessario aspettare 10 anni per farlo, mentre un operaio a Pomigliano o a Termini Imerese il posto di lavoro lo perde in un giorno.
Mentre si tagliano, massacrandole, le spese agli enti locali, al welfare, al lavoro, alle pensioni dovremmo pure ringraziare il ministro della difesa perchè propugna una riforma «senza chiedere risorse aggiuntive». Ci mancherebbe pure che ne volesse altre di risorse oltre ai 25 miliardi che la Difesa spende ogni anno per le forze armate e ai 10 miliardi che si sperpereranno nei prossimi anni per i 90 cacciabombardieri F-35.
Il bilanciamento della «spesa militare in senso virtuoso» significherà sostanzialmente un aumento della spesa per i sistemi d'arma (come appunto i cacciabombardieri F35, ma anche le fregate Fremm e Orizzonte, i sommergibili U-212) e per le missioni militari all'estero dentro un modello interventista delle forze armate italiane che segue fedelmente la logica e la strategia della Nato. Queste altro non sono che una sorta di «mobilitazione permanente» contro i «nuovi nemici»: Islam, nuove potenze globali (Cina, Russia, India, ecc.), terrorismo internazionale, detentori (da cui dipendiamo) delle materie prime, come il petrolio e il gas. Invece di investire nella prevenzione dei conflitti, nella cooperazione internazionale e nella sicurezza comune, continuiamo ad armarci fino ai denti, per la felicità di Finmeccanica e di tutta l'industria militare italiana. È una controriforma perché spenderemo tanti soldi in più per le armi, perchè le nostre forze armate avranno sempre di più un ruolo interventista, perchè saremo a ricasco della Nato e perchè in questo modo l'articolo 11 della Costituzione sarà svuotato di senso, nella forma e nella sostanza. Di Paola e i generali saranno soddisfatti, ma c'è poco da cantar vittoria. Sicuramente non lo fa il paese e non lo fanno le tante persone (operai, pensionati, giovani) che non sanno come far fronte a questa crisi così drammatica. L'unico modo per affrontare «la spesa militare in senso virtuoso» è ridurla, destinando i risparmi al lavoro, al welfare e ai giovani"

E' chiaro che in un momento così difficile per tutti e con la maggior parte delle forze politiche lontane o contrarie da questo problema, non è facile fare sentire questo come punto nodale di svolta per la soluzione della crisi e per l'avvio di un futuro meno pericoloso e violento , ma bisogna provarci .
Usciamo dalle guerre
tagliamo le spese militari
smilitarizziamo le nostre vite
fermiamo la violenza contro le donne
Esprimiamo i nostri pensieri, i nostri desideri,le nostre aspettative,le nostre proposte,le nostre soluzioni per l'uscita dalle guerre e per la pace e facciamoli conoscere.
Sommergiamo chi ci governa, questo parlamento e il capo dello stato della pesantezza dei nostri pensieri.
Che ne tengano conto da subito nella festa della repubblica perchè sia smilitarizzata.
 

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