Noi Donne in Nero siamo consapevoli della drammatica
situazione internazionale attuale e quindi della necessità e dell'urgenza di:
opporsi a tutte le guerre, le
violenze e le violazioni dei diritti umani;
adoperarsi per soccorrere,
accogliere, assistere ogni persona che cerca salvezza e speranza di vita nei
nostri territori;
agire per il disarmo e la
smilitarizzazione.
Siamo anche convinte che l’organizzazione non sia tutto e
che la marcia prenda la forma e il colore di chi la fa concretamente. Per
questo desideriamo esprimere e far vivere - prima durante e dopo la marcia - le
nostre riflessioni e le nostre proposte.
Nel ribadire la contrarietà assoluta alla GUERRA, che nasce dal
desiderio/sogno/speranza di un mondo a misura di donna, ci sembra necessario
evidenziare come le guerre in corso siano spesso innescate dalle nostre
politiche affaristiche e pretese egemoniche.
Perciò è
necessario prima di tutto denunciare, smascherare, boicottare le connivenze in
affari, in geopolitica, in accordi militari e forniture di armi a governi
violatori di diritti umani come quelli di Israele, Arabia Saudita, Turchia,
Egitto...
E' necessario
riconvertire l'esercito a funzioni di utilità sociale come la prevenzione e la
difesa dell'ambiente, smettendo di impegnarlo in false, costose e inutili
“missioni di pace” che generano morte, distruzione e terrorismo (pensiamo
all’Iraq, all’Afghanistan, alla Libia), sostenendo invece lo sviluppo dei Corpi
civili di pace.
E' necessario
mettere in discussione con più forza l'ideologia patriarcale che sta
all'origine di tutto questo, sostanziata fin dall'antichità dal rifiuto del diverso e
quindi dalla costruzione di gerarchie per creare differenze tra generi, etnie,
popoli, culture, classi sociali.
Per quanto riguarda le/i MIGRANTI,
ribadiamo con forza “né muri né recinti” e pensiamo
si debba risalire all’origine del
“problema”: dire che ogni persona
sulla Terra - non solo gli Europei o gli Statunitensi - ha diritto di
spostarsi, tanto più se le nostre guerre hanno distrutto le loro case e
le loro risorse; dire che le nostre politiche di rapina hanno portato caos e
miseria nei loro paesi, rendendosi complici tra l'altro di regimi dittatoriali
(Turchia, Egitto, Somalia, Eritrea, Sudan, Libia…) con cui si stipulano
vergognosi accordi distribuendo denaro affinché impediscano il flusso di esseri
umani verso le nostre coste. Denaro che sarebbe meglio spendere per progettare
e organizzare un’accoglienza rispettosa dei diritti umani e delle sofferenze di
chi ha intrapreso viaggi lunghi e dolorosi rischiando la vita: tenere invece
migliaia di persone inattive in centri di cosiddetta accoglienza, in attesa di
sapere se possono restare o spostarsi è un trattamento degradante e spesso è
all’origine di tante intolleranze e pregiudizi che circolano (“non fanno niente”, “ci costano”, “li teniamo in
albergo” ecc).
Pensiamo che la MARCIA PERUGIA-ASSISI non debba essere un
rituale per metterci la coscienza a posto, ma il punto di partenza per
l’impegno a far sentire le nostre voci a chi ci governa ed esigere una politica
estera trasparente, fatta di meno retorica e più azioni concrete, ne elenchiamo alcune per cominciare:
-
non fare accordi né vendere armamenti a paesi che calpestano i diritti umani
e fomentano conflitti armati;
-
bloccare la cosiddetta “missione sanitaria Ippocrate” in Libia, che è
chiaramente l’ennesimo intervento militare;
-
diminuire drasticamente le spese militari;
-
non inviare l’ambasciatore in Egitto finché non si farà luce
sull’assassinio di Giulio Regeni;
-
attivarsi per la sospensione del regolamento di Dublino;
-
non rimpatriare i profughi nei paesi di provenienza;
-
non irrigidire le condizioni per la concessione dello status di rifugiate/i, ma abbreviare i tempi delle procedure;
-
favorire l’apertura di corridoi umanitari come quelli realizzati dalla
Comunità di Sant’Egidio e dalla Chiesa Valdese, anche per stroncare il traffico
di esseri umani.
Siamo anche consapevoli che il nostro denunciare ed
esigere giustizia è insufficiente se non si accompagna all’assunzione di
responsabilità di chi, come noi, si ritiene pacifista.
Assumersi responsabilità significa che, accanto alle marce e alle
manifestazioni, sono necessari impegno attivo e azioni quotidiane per attuare
una politica di convivenza e comunicazione tra mondi diversi, per decostruire stereotipi, modelli indotti e
falsa informazione, per opporsi a una
politica istituzionale quasi sempre giocata sui rapporti di forza.
Rete italiana delle Donne in Nero
19 settembre 2016
donneinnero@gmail.com
http://donneinnero.blogspot.it
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