Come donne in nero di Padova desideriamo condividere informazioni e riflessioni intorno alla guerra.

Crediamo che la guerra mostri oggi la sua totale crudeltà e inutilità.

29 maggio 2015

vendiamo armi --> succedono le guerre ---> arrivano i profughi….

A suon di bombe
“Svuotiamo gli arsenali, riempiamo i granai”, proclamò Sandro Pertini nel suo primo discorso come presidente della repubblica. Invece l’Italia non solo continua ad armarsi, ma vende sempre più armi. Secondo i dati riportati dalla rivista dei missionari comboniani “Nigrizia”, nel 2014 l'esportazione italiana di armamenti è stata di 1 miliardo e 879 milioni di euro, con un incremento del 34% rispetto al 2013. Non solo, ma ci pare gravissimo che un terzo del totale sia finito nei paesi del Nordafrica e del Medioriente, dove così vengono alimentati focolai di guerra o guerre già in corso. Come altri paesi della parte ricca del mondo, l'Italia concorre non a nutrire il pianeta, ma a seminarlo di bombe.




Eppure la nostra Costituzione, nata dalla Resistenza, all'art. 11 afferma: L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.
E tuttavia da 25 anni l'Italia, come componente della NATO, è coinvolta attivamente in azioni armate per cui sono state inventate le finzioni più varie: “missioni di pace”, “interventi umanitari”… Ma comunque le si chiami, sono aggressioni che devastano e uccidono.

Con questa stessa logica, che noi consideriamo inaccettabile, si sta organizzando un piano dell'Unione Europea per bombardare e distruggere i barconi degli scafisti prima che salpino dalle coste libiche: e sarà l'Italia ad avere il comando dell'operazione. Tutto questo senza avere affrontato i motivi profondi per cui cresce sempre più il numero di coloro che fuggono dai loro paesi - guerre, fame, carestie, persecuzioni e violenze di ogni genere - e senza avere garantito alcuna sicurezza a chi sta cercando di sopravvivere. Ci saranno così ancora più morti e verranno chiamati “danni collaterali”: ma è un’ipocrisia vergognosa, perché “questi ‘danni’ sono perdite previste e deliberate”: come scrive il generale Fabio Mini su “Repubblica”, 14 maggio 2015).


E noi invece che cosa vogliamo?
·      una giusta, umana accoglienza dei migranti
·      il rifiuto di fare guerre, mascherate o no
·      smettere di produrre, vendere e comprare armamenti

LO DIREMO MERCOLEDI' 3 GIUGNO ALLE 18 
A PADOVA IN PIAZZETTA GARZERIA


 Donne in Nero di Padova

13 maggio 2015

DI RITORNO DAL TRIBUNALE DELLE DONNE A SARAJEVO


Sarajevo 7 maggio: in attesa di partire in corteo per le vie del centro


Il corteo inizia, lo striscione dice: Tribunale delle Donne: un approccio femminista alla giustizia.
Al centro, piccola con il suo fazzoletto in testa, Nora delle Madres de Plaza de Mayo, in mezzo ad alcune testimoni.


Gli striscioni, da destra a sinistra, dicono: Responsabilità - Solidarietà - Memoria


Una donna bosniaca dichiara aperto il tribunale delle donne


Al tavolo da sinistra: Lily Traubman delle Women in Black di Israele, Nayla Ayesh, palestinese di Gaza, Milos Urosevic, Donne in Nero di Belgrado, Nora Cortinas delle Madres de Plaza de Mayo, Stasa Zajovic, Donne in Nero di Belgrado


Nora consegna il fazzoletto delle madri argentine a Nura, delle Madri di Srebrenica


Sul palco, una alla volta salgono le testimoni che in questi giorni hanno raccontato le loro storie, le loro sofferenze, la loro lotta per la verità e la giustizia; ad ognuna vine consegnato un foglio con una frase da lei scritta, questi fogli erano appesi nell'atrio. Si canta una sevdalinka (canto d'amore e nostalgia bosniaco)