Come donne in nero di Padova desideriamo condividere informazioni e riflessioni intorno alla guerra.

Crediamo che la guerra mostri oggi la sua totale crudeltà e inutilità.

06 agosto 2017

PIETA' L'E' MORTA?

Marco Revelli risponde a Marco Travaglio e agli SPECIALISTI del DISUMANO

"Noi veniamo dopo" scriveva George Steiner nel 1966, "Adesso sappiamo che un uomo può leggere Goethe o Rilke la sera, può suonare Bach e Schubert, e quindi, il mattino dopo, recarsi al proprio lavoro ad Auschwitz". Anche noi "veniamo dopo". Dopo quel dopo. Sappiamo che un uomo può aver letto Marx e Primo Levi, orecchiato Marcuse e i Francofortesi, militato nel partito che faceva dell'emancipazione dell'Umanità la propria bandiera, esserne diventato un alto dirigente, e tuttavia, in un ufficio climatizzato del proprio ministero firmare la condanna a morte per migliaia e migliaia di poveri del mondo, senza fare una piega.


Quanto sta accadendo in questo inizio torrido di vacanze è una vera apocalisse culturale. Un rovesciamento di tutti i valori nel pieno di una catastrofe di massa. Difficile credere ai propri occhi e alle proprie orecchie. Che "Dagli al Samaritano!" potesse diventare l'incitamento più diffuso nei media e in politica nel pieno dell'Occidente cristiano è davvero uno shock imprevisto. Governi e Stati che grondano sangue da ogni centimetro dei loro corpi informi mettono sotto processo i pochi - e i soli - che si dedicano al salvataggio delle vite umane nel compiaciuto silenzio di un giornalismo senz'anima. Il vizio che pretende di mettere alla sbarra la virtù, la irride e calunnia, dalle prime pagine dei quotidiani mainstream e dalle Cancellerie dei governi europei. Il salvataggio delle vite trasformato in vergogna e crimine: "crimine umanitario", concetto coniato dallo stesso manigoldo che - ha ragione Saviano - aveva contribuito a suo tempo a mettere in circolo l'oscena espressione "guerra umanitaria".
Diciamolo una volta per tutte: non c'è un gran differenza tra il fascista ungherese Orban e il post-comunista italiano Minniti. 


Alzare muri di filo spinato alle proprie frontiere o costruire muri diplomatici al confine del deserto, nella sostanza, non cambia la natura della cosa: forse è più letale la seconda tecnica, perché consegna ai tagliagole delle tribù del Sael e del Fezzan uno jus vitae ac necis su uomini, donne, bambini, che scompariranno silenziosamente, lontano dai nostri sguardi delicati, fuori dalla portata d'azione delle famigerate Ong che s'intestardiscono a voler salvare vite.

Denunciamoli, questi nuovi "specialisti del disumano", al Tribunale dei popoli.