Marco Revelli risponde a
Marco Travaglio e agli SPECIALISTI del DISUMANO
"Noi veniamo dopo" scriveva
George Steiner nel 1966, "Adesso sappiamo che un uomo può leggere Goethe o
Rilke la sera, può suonare Bach e Schubert, e quindi, il mattino dopo, recarsi
al proprio lavoro ad Auschwitz". Anche noi "veniamo dopo". Dopo
quel dopo. Sappiamo che un uomo può aver letto Marx e Primo Levi, orecchiato
Marcuse e i Francofortesi, militato nel partito che faceva dell'emancipazione
dell'Umanità la propria bandiera, esserne diventato un alto dirigente, e
tuttavia, in un ufficio climatizzato del proprio ministero firmare la condanna
a morte per migliaia e migliaia di poveri del mondo, senza fare una piega.
Quanto
sta accadendo in questo inizio torrido di vacanze è una vera apocalisse
culturale. Un rovesciamento di tutti i valori nel pieno di una catastrofe di
massa. Difficile credere ai propri occhi e
alle proprie orecchie. Che "Dagli al Samaritano!" potesse diventare
l'incitamento più diffuso nei media e in politica nel pieno dell'Occidente
cristiano è davvero uno shock imprevisto. Governi e Stati che grondano sangue
da ogni centimetro dei loro corpi informi mettono sotto processo i pochi - e i
soli - che si dedicano al salvataggio delle vite umane nel compiaciuto silenzio
di un giornalismo senz'anima. Il vizio che pretende di mettere alla sbarra la
virtù, la irride e calunnia, dalle prime pagine dei quotidiani mainstream e
dalle Cancellerie dei governi europei. Il
salvataggio delle vite trasformato in vergogna e crimine: "crimine
umanitario", concetto coniato dallo stesso manigoldo che - ha ragione
Saviano - aveva contribuito a suo tempo a mettere in circolo l'oscena
espressione "guerra umanitaria".
Diciamolo una volta per tutte: non c'è
un gran differenza tra il fascista ungherese Orban e il post-comunista italiano
Minniti.
Alzare muri di filo spinato alle proprie frontiere o costruire muri
diplomatici al confine del deserto, nella sostanza, non cambia la natura della
cosa: forse è più letale la seconda tecnica, perché consegna ai tagliagole
delle tribù del Sael e del Fezzan uno jus
vitae ac necis su uomini, donne, bambini, che scompariranno
silenziosamente, lontano dai nostri sguardi delicati, fuori dalla portata
d'azione delle famigerate Ong che s'intestardiscono a voler salvare vite.
Denunciamoli, questi nuovi
"specialisti del disumano", al Tribunale dei popoli.
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