Come donne in nero di Padova desideriamo condividere informazioni e riflessioni intorno alla guerra.

Crediamo che la guerra mostri oggi la sua totale crudeltà e inutilità.

26 ottobre 2013

LE TRAGEDIE DI LAMPEDUSA : BASTA CIMITERI MARINI DI STATO !




Fleba il Fenicio, morto da quindici giorni
dimenticò il grido dei gabbiani, e il flutto profondo del mare.
E il guadagno e la perdita. Una corrente sottomarina
gli spolpò le ossa in sussurri.
Mentre affiorava e affondava
traversò gli stadi della maturità e della gioventù
entrando nei gorghi.
 (T. S. Eliot, La morte per acqua)


L'articolo 10 della Costituzione della Repubblica Italiana prevede che “lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”.

Il diritto di spostarsi liberamente da un paese all'altro deve essere riconosciuto come diritto umano universale, tanto più per chi fugge da guerre, persecuzioni, condizioni invivibili.

Agire per l'attuazione di questo diritto è compito di ciascuna e ciascuno di noi, ma ancora di più è responsabilità delle istituzioni che dovrebbero garantirlo.
Infatti nella legislazione italiana sono presenti norme particolarmente escludenti e repressive, come la legge Bossi-Fini. La sindaca di Lampedusa, Giusi Nicolini, è molto netta su questo punto: “Va abrogato immediatamente il reato di immigrazione clandestina. Non c'è tempo da perdere. Per farlo non c'è bisogno di tavoli e commissioni. Ci sono già campagne avviate da tempo e discussioni approfondite. Quello che è successo è la prova ignominiosa e più evidente dell'assurdità di questa legge. Non è ammissibile che i naufraghi superstiti debbano essere incriminati e vengano trattati da criminali. L'abolizione di questo reato è un gesto dovuto. Il minimo che può fare il nostro paese”.



Dal 18 ottobre è operativa la missione militare-umanitaria Mare nostrum in risposta ai naufragi di migranti nel Canale di Sicilia.
Navi da guerra, elicotteri e persino droni per “evitare nuove tragedie” secondo il governo Letta. Lo scopo della missione è ambiguo, le regole di ingaggio non sono note.
Certo sarebbero molto più adatte le vedette della Guardia Costiera per avvistare i barconi.
Questa nuova missione militare si aggiunge all'azione di Frontex, l'Agenzia europea per il controllo delle frontiere che dal 2006 quando è stata istituita al 2012 è costata 518 milioni di euro e almeno 2000 morti ogni anno, oltre ai rimpatrii forzati di migranti nell”inferno” libico.
Si aggiunge inoltre alle altre 25 missioni militari “di pace” italiane all'estero con 9153 soldati impegnati per un costo di 1,4 miliardi di euro all'anno.

La nostra esperienza ci mostra che sotto la copertura di missioni militari “umanitarie” o “di pace” si nascondono le moderne guerre (Somalia, ex Jugoslavia, Iraq, Afghanistan, Libia, Mali….)che causano morte, distruzione, povertà, profughi e maggiori investimenti nel settore militare, a scapito della spesa sociale in generale (scuola, cultura, sanità..)

NESSUNA GUERRA E' UMANITARIA

NON IN NOSTRO NOME :
● la farsa dei funerali ad Agrigento delle vittime di Lampedusa e la cinica passerella governativa con le bare vuote e senza i superstiti, lasciati nel CIE senza poter nemmeno piangere i loro familiari, in totale disprezzo dei più elementari valori umani.
● la riduzione a problema di sicurezza e di emergenza del fenomeno immigrazione ormai diventato
strutturale, alimentato da gravi responsabilità politiche dei paesi occidentali
La stessa logica porta anche alla criminalizzazione del disagio sociale, del dissenso politico e ogni forma di protesta.
Persino il recente decreto contro il femminicidio approvato in tempi record è stato usato come copertura e ricatto per introdurre leggi speciali “anti NO TAV” sempre nell' ottica della sicurezza, dopo che per l'ennesima volta non è stata ascoltata la richiesta e la competenza femminile sul tema della violenza maschile sulle donne.

Siamo con la Sindaca di Lampedusa Giusi Nicolini che con chiarezza e dignità da tempo chiede risposte diverse per:
─ cancellare il reato di immigrazione clandestina
─ cambiare la legge Bossi-Fini
─ cambiare la politica d' asilo in Europa
─ aprire a livello europeo un canale umanitario affinché chi fugge da guerre e persecuzioni possa
chiedere asilo senza rischiare la vita in mare.
Firma l'Appello a questo link:

Noi vogliamo la vita. E di fronte alla morte il coraggio di dirla, di ricordarla e di narrarla. Il coraggio del dolore e del lutto, per evitare altre morti e altre tombe marine.
Noi vogliamo la vita, la vita con “le altre e gli altri” in un mondo in cui tante storie si intrecciano e culture, lingue, religioni, rapporti economici e costumi si mescolano, tra difficoltà e tensioni, ma aprendo spazi continui di reciproco arricchimento.

Donne in Nero - Padova

03 ottobre 2013

PAESTUM 2013 : LIBERA ERGO SUM

Alternativa alla morte: amare, curare 

da Manu Carlon, Elisabetta Donini, Giuliana Ortolan, Barberina Piacenza (Donne in Nero) 

Vogliamo partire dal nostro desiderio di libertà. 
Ma ci domandiamo cosa voglia dire essere libere, come si possa cercare la strada per essere libere in un mondo strettamente interconnesso, in un mondo di guerra quale è il nostro. C’è guerra dove vige la legge di dominio del più forte, dove non c’è riconoscimento dell’altro, anzi si guarda all’altro come nemico o come essere da schiavizzare, dove l’uso della violenza viene tollerato dalle istituzioni. La guerra è la pratica patriarcale di affrontare i conflitti provocandone altri. La vediamo sia nell’ambito domestico, sia nel tessuto sociale delle nostre città, sia nelle relazioni fra i paesi. 
Ci sentiamo responsabili della guerra che il nostro paese conduce in vari paesi del mondo, chiamandola sempre con altro nome, e che esso sostiene con la costruzione e/o commercializzazione di armi che sono strumenti di morte.
Ci riguarda quanto succede alle altre e agli altri e, in particolare, ci riguarda come donne perché quello che vediamo in azione nelle guerre attuali più che nel passato non sono solo gli interessi geopolitici delle varie potenze internazionali, ma una spinta distruttiva che si perpetua. Quali gli effetti? le donne zittite sotto un dominio maschile violento, il loro corpo considerato bottino di guerra, vita civile impossibile e sempre precaria. 
Il desiderio di libertà è da coniugare con il senso di responsabilità. 

Vogliamo darci la prospettiva di produrre cambiamento. 
Il cambiamento è una necessità, perché, se vince la logica della guerra – sia essa militare o economica o sociale o individuale indotta dalla guerra fra sessi –, la distruzione e la morte si impongono sulla vita. La strada che noi vediamo percorribile è quella di curare le relazioni, come premessa per la cura del mondo, è quella di “smilitarizzare le menti”, come hanno iniziato a dire le Donne in Nero di Belgrado nel pieno delle guerre balcaniche. Questo percorso ci aiuta a considerare che i nostri diritti da conquistare o da consolidare non devono finire per calpestare i diritti delle altre e degli altri. 

Negli anni abbiamo intessuto relazioni tra noi e con donne che vivono esperienze di guerra e violenza, offrendo sostegno e trovando arricchimento e conoscenza. 
Abbiamo denunciato, protestato contro le guerre, il militarismo nelle nostre vite, la produzione e il commercio delle armi. 
Sentiamo che la nostra libertà passa per questa via. Ma ci sentiamo sconfortate quando ci vediamo sole mentre è solamente nelle relazioni intessute con altre donne che respiriamo un’altra aria e ci sentiamo fiduciose. 

Per noi Paestum è apprendere dalle pratiche di altre donne nuove indicazioni, è la possibilità che esperienze diverse si parlino e si intreccino in un percorso per realizzare condizioni di vita libere, migliori per noi qui e per tutte le altre donne.