Come donne in nero di Padova desideriamo condividere informazioni e riflessioni intorno alla guerra.

Crediamo che la guerra mostri oggi la sua totale crudeltà e inutilità.

27 agosto 2013

CONTINUANO LE GUERRE

"Le narrazioni della distruttività e della guerra sembrano occupare una posizione paradossale nel mondo occidentale. Di solito vengono formulate come se si riferissero a fenomeni lontani e irrilevanti o a eventi nobili ed eroici. Storie di dolore, terrore e atrocità sono raccontate come se appartenessero al passato e ci offrissero lezioni morali astratte. Questo potrebbe essere il motivo per cui, quando scoppiano nuovi conflitti, tendiamo a reagire con un certo grado di confusione. In questo modo sembriamo destinati a non apprendere dalla storia, ma a reagire con orrore ogni volta che nuovi conflitti armati e guerre sollevano la testa" 

(Da "La guerra moderna come malattia della civiltà, a cura di Nicole Janigro)


DON'T  ATTACK

Afghanistan

Iraq

Libano

Somalia

Libia

Siria

Iran

WAR IS NOT

THE ANSWER !



SEMPRE E SOLO GUERRA?
C'è già chi ha indossato l'elmetto, c'è già chi aspetta le solite giustificazioni. 
Ma chi non si mette sull'attenti e non si arma, perché, ALMENO, non alza la sua voce per dire di no a questa ennesima tragica farsa? 
A chi ci dice "ma tu che alternative proponi?", ricordiamo che tutti questi interventi, dal '91 in poi, non hanno mai portato la pace, ma moltiplicato la guerra e il terrorismo. 
L'unica alternativa è imporre il CESSATE IL FUOCO, BLOCCARE TUTTI I RIFORNIMENTI DI ARMI E SEDERSI A UN TAVOLO.                                    E' difficile perché ci sono troppi soggetti interessati alla guerra, ma ALMENO smascheriamo questo ipocrita sdegno retroattivo mentre in tante parti del mondo si consumano altre stragi ignorate e silenziate.




22 agosto 2013

ARRIVERO' COMUNQUE



Continuano gli sbarchi.









All'Università estiva, Karim Hannachi apre il suo intervento su "immigrazione fra discriminazione e intergrazione", con il poema "Arriverò comunque"

Arriverò comunque

Sfuggo dalla siccità, dalle privazioni
dalla fame,
dalle guerre civili e incivili,
dall’inferno,
da una terra senza futuro e senza sogni.
Vendo il mio corpo
a poco prezzo,
a chiunque,
per comprare un sogno.
Dopo duemila chilometri di sabbia,
di sole e di freddo,
di cimiteri,
il sogno annebbiato e confuso
s’intravede all’orizzonte,
mentre sull’altra riva
iniziano i festeggiamenti del Natale.
Ora, coperta da un lembo di cielo,
sto attraversando quel lembo di mare
che separa il sogno dalla realtà,
l’inferno dal paradiso,
gli uni dagli altri,
noi da loro;
che separa l’Africa dall’Europa
e l’Oriente dall’Occidente.
Sto attraversando quel maledetto Mediterraneo,
cimitero della libertà,
fosse comune per nascondere la vergogna della civiltà,
discarica del vostro benessere,
e fonte delle vostre delizie.

Sto attraversando l’ultimo ostacolo
di questa folle corsa ad ostacoli
con altri quaranta sognatori,
su un vecchio gommone
che può portare solo dieci,
in balia alle onde.
Ma i nostri sogni non temono le onde
e nemmeno i cimiteri.
Non importano la sete e la fame,
non importano le sofferenze,
domani saranno lontani ricordi.
Non importano le ferite,
domani saranno cicatrici.
E comunque,
i morti non hanno paura della morte.
Domani o dopodomani arriverò da voi
per raccogliere i brandelli del mio corpo,
per rinascere
e incominciare a scrivere la mia vera storia,
e forse per condividere con voi il paradiso,
o almeno la cena di Natale.
Ad un tratto,
mi trovo avvolta nelle tenebre profonde
illuminate da mille occhiolini luccicanti
che iniziano a fare festa del mio corpo
prima di finire sui tavoli della vostra festa.

(Abdelkarim Hannachi, 15/10/09)