Come donne in nero di Padova desideriamo condividere informazioni e riflessioni intorno alla guerra.

Crediamo che la guerra mostri oggi la sua totale crudeltà e inutilità.

29 gennaio 2013

FARE LA PACE SI PUÒ



COLOMBIA: LA PACE SENZA LE DONNE NON VA AVANTI

Iniziativa di solidarietà con le donne colombiane che si stanno adoperando con tutta la loro energia perché ci sia finalmente una conclusione negoziata del conflitto armato che dura da quasi cinquant’anni nel loro paese.

Attualmente sono in corso all'Avana negoziati tra il Governo colombiano e la guerriglia (FARC) con il sostegno dei governi di Cuba e Norvegia come “garanti” e Venezuela e Cile come accompagnatori.

Nei  decenni  scorsi  le violenze di  guerra di  molti  attori  armati  (esercito, polizia,narcotrafficanti, guerriglie, paramilitari) hanno prodotto morti, stupri, masse di popolazioni scacciate dalla propria terra, miseria, discriminazioni in particolare sulle donne contadine e di discendenza afro, devastazioni del territorio. In mezzo a queste tragedie, da anni durano le tenaci e coraggiose forme di resistenza nonviolenta di donne, pagata anche a caro prezzo: minacce a loro e alle loro famiglie, percosse, aggressioni sessuali, uccisioni.

Numerose donne appartenenti a 44 organizzazioni e gruppi molto vari e provenienti da tutte le regioni della Colombia hanno unito le loro voci nel  coordinamento Mujeres por la Paz. Ancora una volta riaffermano il loro impegno etico e politico per la costruzione della pace e un’uscita negoziata dal conflitto sociale e armato.

Nel documento finale dell’incontro che hanno tenuto a Bogotà il 4-5 dicembre 2012, le 44 organizzazioni hanno invitato il governo e la guerriglia a "non alzarsi dal tavolo fin quando non siano giunti all'accordo che ponga fine al conflitto armato", affermando che "è imprescindibile che noi donne siamo protagoniste nel processo di dialogo, nella costruzione della pace e nelle decisioni che si prenderanno per realizzare questi propositi".

Noi, Donne in Nero contro la guerra, convinte che la pace si può fare solo rifiutando la logica delle armi, ci uniamo alle richieste delle Mujeres por la Paz colombiane; conosciamo il loro impegno che dura da molti anni per la costruzione della pace, una pace che significa smilitarizzare i territori, le menti, le parole. Con la partecipazione delle donne si potrà raggiungere una pace giusta.

Manifestiamo la nostra solidarietà
Giovedì 31 gennaio 2013 alle 17.30
a Padova, in Piazzetta Garzeria

Nel corso della manifestazione raccoglieremo adesioni su un testo di sostegno alla dichiarazione delle MUJERES POR LA PAZ, che verrà inviato ai negoziatori

SOSTENIAMO I NEGOZIATI DI PACE IN COLOMBIA E RIVENDICHIAMO LA NECESSITà DI POR FINE A TUTTI I CONFLITTI ARMATI CHE INSANGUINANO IL PIANETA: FARE LA PACE SI PUò !

Donne in Nero
Padova, 31 gennaio 2013

donneinnero.padova@gmail.com

26 gennaio 2013

27 gennaio Giornata della Memoria.


Che questa giornata sia occasione di riflessione per un impegno contro ogni violenza dell'essere umano contro l'essere umano.


Dal Diario (1941-1943) di ETTY HILLESUM:

Una pace futura potrà essere veramente tale solo se prima sarà stata trovata da ognuno in se stesso – se ogni uomo si sarà liberato dall’odio contro il prossimo, di qualunque razza o popolo, se avrà superato quest’odio e l’avrà trasformato in qualcosa di diverso, forse alla lunga in amore se non è chiedere troppo. E’ l’unica soluzione possibile…. (p.127)

…..Se tutto questo dolore non allarga i nostri orizzonti e non ci rende più umani, liberandoci dalle piccolezze e dalle cose superflue di questa vita, è stato inutile…. (p.185)

…. Non vedo altre alternative, ognuno di noi deve raccogliersi e distruggere in se stesso ciò per cui ritiene di dover distruggere gli altri. E convinciamoci che ogni atomo di odio che aggiungiamo al mondo lo rende ancor più inospitale…. (p.212)

….Si vorrebbe essere un balsamo per molte ferite… (p.219)

….la miseria che c’è qui è veramente terribile – eppure, alla sera tardi, quando il giorno si è inabissato dentro di noi, mi capita spesso di camminare di buon passo lungo il filo spinato, e allora dal mio cuore s’innalza sempre una voce – non ci posso fare niente, è così, è di una forza elementare -, e questa voce dice: la vita è una cosa splendida e grande, più tardi dovremo costituire un mondo completamente nuovo. A ogni nuovo crimine o orrore dovremo opporre un nuovo pezzetto di amore e di bontà che avremo conquistato i noi stessi. Possiamo soffrire ma non dobbiamo soccombere. E se sopravviveremo intatti a questo tempo, corpo e anima ma soprattutto anima, senza amarezza, senza odio, allora avremo anche il diritto di dire la nostra parola a guerra finita. Forse io sono una donna ambiziosa: vorrei dire anch’io una piccola parolina…. (p.245)

20 gennaio 2013

sessismo e razzismo


Buongiorno,

 La storia piuttosto impressionante qui sotto riportata è importante come illustrazione di una sfaccettatura del razzismo israeliano raramente discussa. La versione inglese della storia, va notato, usa un linguaggio piuttosto edulcorato, parlando di donne “incoraggiate ad accettare” di prendere iniezioni di controllo di natalità. L’originale in ebraico dice più chiaramente che le donne erano in fondo forzate a prendere le punture.

Chi conosca l’ebraico e voglia ricevere un doppio choc in una sola volta può seguire il link della versione della storia in ebraico e leggere i commenti dei lettori. Molti di loro, di fatto dei più popolari tra di loro, esprimono un sostegno entusiasta per la politica qui sotto descritta, impiegando ragionamenti razzisti senza la minima ambiguità (se “ragionare” è la parola giusta per questo). A questo assomiglia l’opinione pubblica in Israele, oggi. 

Grazie,

Sergeiy.


 

Perché il tasso di natalità della comunità etiope in Israele diminuisce? 

Le donne dicono che aspettando nei campi di transito in Etiopia sono state incoraggiate ad accettare iniezioni di prodotti di controllo di natalità di lunga durata.

 

Di Talila Nesher  - 9 Dicembre  2012

 

Le donne che  sono migrate dall’Etiopia in Israele otto anni fa, dicono che avevano detto loro che non sarebbero state autorizzate a venire in Israele a meno di accettare una iniezione del prodotto di controllo di natalità di lunga durata Depo Provera, secondo un rapporto d’indagine presentato ieri al Programma di educazione della Televisione israeliana “Vacuum”.

Le donne dicono che aspettando in campi di transito in Etiopia per emigrare, sono state poste in laboratori di pianificazione familiare dove le si è incoraggiate ad accettare l’iniezione – un accusa negata al tempo stesso dal Joint, il Comitato congiunto di distribuzione che dirige le cliniche, e dal ministero della Salute. 

 

“Noi abbiamo detto che non volevamo l’iniezione. Loro ci hanno detto, se voi non volete andare in Israele. E anche non sarete ammesse nell’ufficio del Joint (Comitato congiunto americano di distribuzione), non riceverete assistenza né cure mediche. Avevamo paura …non avevamo scelta. Senza di loro e il loro aiuto, non potevamo andarcene. Quindi abbiamo accettato l’iniezione. È unicamente con il loro permesso che si era autorizzate a partire”, ha ricordato Emawayish, qui è emigrata dall’Etiopia, otto anni fa. Era una delle 35 donne i cui racconti sono stati raccolti da Sebba Reuven, che raccontano come sono state incoraggiate e minacciate fino ad accettare il prodotto iniettabile di controllo di natalità. 

 

Il tasso di natalità nella popolazione etiope immigrata in Israele e caduto di quasi il 20% (“quasi del 50% nella versione in ebraico) in 10 anni. Secondo il rapporto, le donne ricevevano iniezioni di Depo Provera nei laboratori del planning familiare nei campi di transito, una pratica continuata une volta arrivate in Israele. Le donne intervistate per l’indagine hanno riferito che si era detto loro nei campi di transito che avere più figli avrebbe reso la loro vita più difficile in Etiopia e in Israele, e anche che si sarebbe loro vietato di venire in Israele se rifiutavano.

 

Il Joint ha detto in risposta a “Vacuum” che i laboratori di planning familiare figuravano fra i servizi che forniva alle immigranti, che imparavano a distanziare la nascita dei loro figli, “ma non consigliamo loro di avere delle piccole famiglie. È una questione di scelta personale, ma diciamo loro che è possibile. Le affermazioni delle donne secondo le quali ‘il rifiuto dell’iniezione le escluderebbe da cure mediche e aiuti economici e minacciava la loro possibilità di immigrare in Israele’ sono fesserie. L’équipe medica non interviene direttamente né indirettamente nell’aiuto economico e il Joint non è coinvolto nelle procedure di aliyah. Riguardo all’uso di Depo Provera, studi dimostrano che è la forma di controllo di natalità più popolare fra le donne etiopi” ha detto il Joint.

 

Nella sua risposta a “Vacuum”, il ministero della Salute ha detto che non aveva «raccomandato o cercato di incoraggiare l’utilizzo di Depo Provera e che se queste iniezioni sono state utilizzate, era contro la nostra posizione. Il ministero della Salute fornisce consulenze familiari nel quadro della sezione clinica di neonati e questa opinione è fornita anche dai medici delle organizzazioni di mantenimento della salute”.

 

L’Agenzia Ebraica che è responsabile per l’emigrazione ebraica dall’estero, ha detto in risposta che essa adotta una visione rigorosa di ogni sforzo di interferire nei processi di planning familiare di immigranti etiopi, aggiungendo che “mentre l’Agenzia ebraica non ha mai avuto laboratori di planning familiare per questo gruppo in Etiopia o in centri di assorbimento di immigranti in Israele, il campo di transito di immigranti a Gondar, come segnala l’inchiesta, era precedentemente gestito da altre agenzie”. 

15 gennaio 2013

Porta del sole, villaggio della speranza

Lettera alla mia gente nel villaggio di Bab al-Shams
Da Beirut la lettera di Elias Khoury, l'autore di "Gate of the Sun", al popolo del villaggio palestinese di Bab al-Shams: "Siete voi la Palestina".
adminSito
lunedì 14 gennaio 2013 08:46
 
di Elias Khoury*
Beirut, 14 gennaio 2013, Nena News - Elias Khouri ha scritto questa lettera per gli abitanti di Bab al-Shams, chiamato come il villaggio palestinese del suo romanzo, "Gate of the Sun", "Porta del Sole".

"Non dirò che avrei voluto essere con voi, sono con voi. Vi guardo e vedo il sogno che attraverso le vostre mani è diventato una realtà radicata nella terra. 'Su questa terra è quello che rende la vita degna di essere vissuta', come scrisse Mahmoud Darwish, quando avete costruito il vostro incredibile villaggio gli avete dato nuovo significato. Siete diventati i figli di questa terra e i suoi padroni.

Questa è la Palestina che Younis sognava nel romanzo 'Bab al-Shams / Gate of the Sun'. Younis aveva un sogno fatto di parole e le parole divennero ferite che sanguinavano sopra la terra. Voi, gente di Bab al-Shams, siete diventati le parole che portano con sé il sogno di libertà e del ritorno della Palestina alla Palestina.

Vedo nel vostro villaggio tutte le facce di quelli che ho amato e che sono partiti verso la terra della nostra promessa palestinese. La Palestina è la promessa degli estranei che furono espulsi dalle loro terre e che continuano ogni giorno ad essere espulsi dalle loro case.

Estranei, ma siete ancora i figli della terra, delle sue olive e del suo olio! Voi siete le olive della Palestina che sorge sotto il sole dell'ingiustizia e, come voi avete costruito il vostro villaggio, la luce della libertà divampa con voi.

Luce su luce.

Vedo nei vostri occhi una nazione nata dalle rovine della Nakba che va avanti da 64 anni.

Vi guardo e nel mio cuore crescono le parole. Guardo voi e le parole crescere nel mio cuore, alzars e esplodere nel cielo.

Alla fine, desidero solo che voi mi accettiate come cittadino del vostro villaggio, così che possa imparare insieme a voi il significato di libertà e giustizia".

Beirut, 12 gennaio 2013


*Articolo pubblicato su Mondoweiss. Traduzione a cura della redazione di Nena News