Fleba il Fenicio, morto da quindici giorni
dimenticò il grido dei gabbiani, e il flutto profondo del
mare.
E il guadagno e la perdita. Una corrente sottomarina
gli spolpò le ossa in sussurri.
Mentre affiorava e affondava
traversò gli stadi della maturità e della gioventù
entrando nei gorghi.
(T. S. Eliot, La morte per acqua)
L'articolo 10 della Costituzione
della Repubblica Italiana prevede che “lo straniero, al quale sia
impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite
dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della
Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”.
Il diritto di spostarsi liberamente
da un paese all'altro deve essere riconosciuto come diritto umano universale,
tanto più per chi fugge da guerre, persecuzioni, condizioni invivibili.
Agire per l'attuazione di questo
diritto è compito di ciascuna e ciascuno di noi, ma ancora di più è
responsabilità delle istituzioni che dovrebbero garantirlo.
Infatti nella legislazione italiana
sono presenti norme particolarmente escludenti e repressive, come la legge
Bossi-Fini. La sindaca di Lampedusa, Giusi Nicolini, è molto netta su questo
punto: “Va abrogato immediatamente il reato di immigrazione clandestina. Non c'è tempo da perdere. Per
farlo non c'è bisogno di tavoli e commissioni. Ci sono già campagne avviate da
tempo e discussioni approfondite. Quello che è successo è la prova ignominiosa
e più evidente dell'assurdità di questa legge. Non è ammissibile che i
naufraghi superstiti debbano essere incriminati e vengano trattati da
criminali. L'abolizione di questo reato è un gesto dovuto. Il minimo che può
fare il nostro paese”.
Dal 18 ottobre è operativa la missione
militare-umanitaria Mare nostrum in risposta ai naufragi di migranti nel Canale di Sicilia.
Navi da guerra, elicotteri e persino droni per “evitare
nuove tragedie” secondo il governo Letta. Lo scopo della missione è ambiguo, le
regole di ingaggio non sono note.
Certo sarebbero molto più adatte le vedette della Guardia
Costiera per avvistare i barconi.
Questa nuova missione militare si aggiunge all'azione di Frontex, l'Agenzia europea per il controllo
delle frontiere che dal 2006 quando è stata istituita al 2012 è costata 518
milioni di euro e almeno 2000 morti ogni anno, oltre ai rimpatrii forzati di
migranti nell”inferno” libico.
Si aggiunge inoltre alle altre 25 missioni militari “di pace”
italiane all'estero con 9153 soldati impegnati per un costo di 1,4 miliardi di
euro all'anno.
La nostra esperienza ci mostra che sotto la copertura di
missioni militari “umanitarie” o “di pace” si nascondono le moderne guerre
(Somalia, ex Jugoslavia, Iraq, Afghanistan, Libia, Mali….)che causano morte,
distruzione, povertà, profughi e maggiori investimenti nel settore militare,
a scapito della spesa sociale in generale (scuola, cultura, sanità..)
NESSUNA GUERRA E'
UMANITARIA
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NON IN NOSTRO NOME :
● la farsa dei funerali ad Agrigento delle vittime di
Lampedusa e la cinica passerella governativa con le bare vuote e senza i
superstiti, lasciati nel CIE senza poter nemmeno piangere i loro familiari, in
totale disprezzo dei più elementari valori umani.
● la riduzione a problema di sicurezza e di emergenza del
fenomeno immigrazione ormai diventato
strutturale,
alimentato da gravi responsabilità politiche dei paesi occidentali
La stessa logica porta anche alla criminalizzazione del disagio
sociale, del dissenso politico e ogni forma di protesta.
Persino il recente decreto contro il
femminicidio approvato in tempi record è stato usato come copertura e ricatto
per introdurre leggi speciali “anti NO TAV” sempre nell' ottica della sicurezza,
dopo che per l'ennesima volta non è stata ascoltata la richiesta e la
competenza femminile sul tema della violenza maschile sulle donne.
Siamo con la Sindaca di Lampedusa Giusi Nicolini che con chiarezza e dignità da
tempo chiede risposte diverse per:
─ cancellare il reato di immigrazione clandestina
─ cambiare la legge Bossi-Fini
─ cambiare la politica d' asilo in Europa
─ aprire a livello europeo un canale umanitario affinché chi
fugge da guerre e persecuzioni possa
chiedere asilo senza rischiare la vita in mare.
Firma l'Appello a questo link:
Noi vogliamo
la vita. E di fronte alla morte il coraggio di dirla, di ricordarla e di
narrarla. Il coraggio del dolore e del lutto, per evitare altre morti e altre
tombe marine.
Noi vogliamo
la vita, la vita con “le altre e gli altri” in un mondo in cui tante storie si
intrecciano e culture, lingue, religioni, rapporti economici e costumi si
mescolano, tra difficoltà e tensioni, ma aprendo spazi continui di reciproco
arricchimento.
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