Come donne in nero di Padova desideriamo condividere informazioni e riflessioni intorno alla guerra.

Crediamo che la guerra mostri oggi la sua totale crudeltà e inutilità.

12 luglio 2015

11 luglio 1995 - 20 luglio 2015 - Padova

 “Il passato non è mai soltanto il passato. Può essere il nostro presente o addirittura il nostro futuro: tutto dipende dal modo in cui ce ne occupiamo…. Se cerchiamo di seppellire quanto è avvenuto, di dimenticarlo, non faremo altro che aiutarlo a tornare per ricordarci che è ancora vivo e vegeto”.
Queste parole sono di Dasa Drndic, una scrittrice croata di cui è uscito recentemente un libro intitolato “Trieste”, in cui, narrando storie ambientate a Trieste durante la seconda guerra mondiale, affronta il tema della memoria e della responsabilità. Sono parole molto adatte nel 20° anniversario del genocidio di Srebrenica, il più grande crimine commesso sul territorio europeo dopo la seconda guerra mondiale. Nel luglio 1995, forze armate della Repubblica Srpska, comandate da Ratko Mladić, attualmente sotto processo all’Aja, occuparono Srebrenica, che in quell’epoca era una città che doveva essere protetta dalle Nazioni Unite, una città sotto assedio da 3 anni, affamata e bombardata.
Il regime di Milošević procurò assistenza militare, logistica, finanziaria e politica alle forze serbo-bosniache.
Secondo le statistiche ufficiali furono uccisi 8.372 ragazzi e uomini musulmani-bosniaci, mentre 30.000 donne, bambini e anziani furono deportati; le famiglie continuano a cercare i resti di circa 10.000 persone.
Complici di questo massacro oltre alle Nazioni Unite anche Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna che, pur essendo al corrente dell’intenzione di Mladic di far scomparire completamente la popolazione bosniaca musulmana dall’intera regione, scelsero di sacrificare Srebrenica per arrivare alla pace con i serbi.

Ma non c’è pace senza giustizia e resta ancora molta strada da fare per vivere in pace.

Oggi a Potocari, nel luogo dove risiedevano i caschi blu che avrebbero dovuto proteggere la popolazione musulmana che invece consegnarono ai militari serbi, sorge un memoriale dove le madri hanno deciso di seppellire i loro figli tutti insieme, nel luogo dove li avevano visti vivi per l’ultima volta. Stamattina sono stati sepolti i resti di 136 vittime identificate in questo ultimo anno, più di 2000 restano ancora da identificare.

Vogliamo per esprimere la nostra solidarietà alle persone sopravvissute, perché il loro dolore venga riconosciuto e i loro diritti rispettati, per esigere che si continui a cercare giustizia senza farsi condizionare da calcoli politici, perché tutti si assumano le loro responsabilità, anche noi che spesso rischiamo di essere spettatori di fronte alle tragedie che continuano a insanguinare il mondo e che ci chiedono di prendere posizione.

Come ha detto una donna bosniaca che ha perso un figlio e una figlia, torturati e uccisi:

“Oggi mi batto per la pace e la giustizia. Finché vivo mi batterò contro l’odio”



Djana Grgic ha cantato sevdalinke accompagnata dalla chitarra di Stefano Lionello.
Francesco Breda e Anita Pesiri hanno letto testi di Andrea Rossini, Elvira Muičić,  Josefina DautebegovićJasmina TešanovićDubravka Ugrešić, Hasan Nuhanović, Slavenka Drakulić,  Svetlana Broz, Melita Richter


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