Armarsi e fare
guerre o prepararsi a guerre
è ORMAI politica
CORRENTe
QUALCHE DATO:
1.
Le vendite di armamenti tra il 2012 e il 2016 nel
mondo sono cresciute dell'8,4% rispetto alla crescita registrata tra il 2007 e
il 2011.
In Italia, nonostante la crisi che ha colpito gli
altri settori dell’economia e produce pesanti tagli nelle spese sociali, la spesa militare ammonta a 55 milioni di euro al giorno. Ma,
su richiesta della NATO, l’Italia si è impegnata a portare la spesa
militare dall’1,1 al 2% del PIL, ossia a
circa 100 milioni di euro al
giorno.
2.
Nella generale disattenzione, lo scorso 31 dicembre
è entrata in vigore la Legge 21 luglio 2016, sulla partecipazione
dell'Italia alle missioni internazionali: tutte le operazioni fuori
dai confini nazionali per la difesa degli “interessi vitali” del Paese e per partecipare a coalizioni
internazionali riguardanti una crisi specifica sono legittimate sul piano legale.
Ad oggi l’Italia è ufficialmente impegnata con le sue forze armate in
30 missioni internazionali con
quasi 7.000 uomini e donne. Un esempio: nel 2017 in
Iraq il contingente italiano di militari sarà secondo
solo a quello statunitense.
Lo stanziamento è di 300,7 milioni. Complessivamente
nel 2017 l’Italia
spenderà 1,13 miliardi per missioni
all’estero che - comunque le si chiami - sono aggressioni
che devastano e uccidono.
3.
Nel nuovo disegno di legge approvato da Consiglio dei
ministri il 10 febbraio a difesa della Patria viene riformulata come difesa
degli «interessi vitali del Paese». Si afferma il diritto di intervenire militarmente nelle aree prospicienti il
Mediterraneo - Nordafrica, Medioriente, Balcani - a sostegno dei propri interessi
economici e strategici, e, al di fuori di tali aree, ovunque nel mondo siano in
gioco gli interessi dell’Occidente rappresentati dalla NATO sotto comando degli
Stati Uniti.
Il Il nuovo modello inoltre apre
le porte delle Forze armate a «dirigenti provenienti dal settore privato» che potranno ricoprire incarichi chiave che permetteranno ai potenti gruppi
dell’industria militare di entrare con
funzioni dirigenti nelle Forze armate e di pilotarle secondo i loro interessi
legati alla guerra.
Non resta che
riscrivere l’Art. 1 della Costituzione, precisando che la nostra è una repubblica, un tempo
democratica, fondata sul lavoro dell’industria bellica.
4.
l governo italiano ha
firmato il 2 febbraio 2017 un Memorandum con il governo libico, al fine di
controllare e bloccare le partenze dei migranti in fuga. In cambio l’Italia si impegna a fornire strumentazione e sostegno militare,
strategico e tecnologico, senza garantire alcuna tutela dei diritti umani. Eppure è noto che la Libia rimane un Paese
che
non ha ratificato le più fondamentali convenzioni internazionali in
materia
di diritti d’asilo e di rispetto dei diritti umani, e continua
a
sottoporre i migranti in fuga a trattamenti disumani e degradanti in centri di
detenzione. Inoltre è un Paese diviso, non stabilizzato, in cui continuano a
verificarsi conflitti armati tra varie fazioni.
Per ribadire:
NON IN NOSTRO NOME
La
pace e la difesa dei diritti non possono essere lasciate
nelle
mani dei militari e dei mercanti di morte
Donne in Nero - Padova 1 marzo 2017
http://controlaguerra.blogspot.it
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