11 luglio 1995 – 11 luglio 2012
Perché la memoria di Srebrenica sia
fonte di vita
Di quanto è accaduto in tutta la cosiddetta “ex Jugoslavia” a partire
dal 1992, non sono responsabili solo i soggetti coinvolti nel conflitto: tutta
la comunità internazionale non può lavarsene le mani, infatti nel migliore dei
casi ha distolto lo sguardo, fingendo di non vedere, e, quando è intervenuta,
si è dimostrata debole, impotente e, in alcune situazioni corresponsabile e
complice.
A Srebrenica si è toccato il fondo: i Caschi Blu dell’ONU si sono resi
complici del genocidio.
Da allora la nostra fiducia nelle Nazioni Unite, già molto provata, si è
gravemente incrinata.
Non c’è pace senza giustizia, non può cominciare una vita nuova se non
si è fatta chiarezza sul passato, ciò significa concretamente individuare i
responsabili e processarli, non solo chi ha pianificato e commesso
materialmente il genocidio, ma anche chi – come l’ONU - è stato a guardare e ha
lasciato fare.
Giustizia significa anche permettere ai familiari delle vittime, alle
sopravvissute e ai sopravvissuti, di poter affrontare in condizioni dignitose
la loro vita, così crudelmente devastata, in un contesto pacificato.
Siamo convinte però che, affinché tragedie come quella di Srebrenica non
si verifichino più, nemmeno questo sia sufficiente: è necessario un cambiamento
nella struttura dell’ONU, che tolga alle cosiddette grandi potenze le leve del
comando, affinché essa possa svolgere un ruolo efficace di interposizione e
protezione della popolazione civile.
Noi, responsabili forse allora di non aver gridato abbastanza forte per
denunciare e chiedere giustizia, ci siamo fatte carico - e continuiamo a farlo
-, di non far cadere il silenzio su Srebrenica e su tutti gli altri massacri
che continuano a compiersi in tutto il mondo calpestando i diritti umani e il
diritto internazionale; di reclamare che siano accertate le responsabilità,
soprattutto delle Nazioni Unite e del nostro governo; di lavorare per dare
credibilità alle istituzioni preposte al mantenimento della pace; di farci voce
dei familiari delle vittime e delle sopravvissute e dei sopravvissuti nelle
loro legittime rivendicazioni.
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