PER LA LIBERTA' DELLE DONNE
Vogliamo dedicare questo 25 novembre, giornata internazionale per l’eliminazione
della violenza contro le donne, a REyhaneh Jabbari:
violentata a 19 anni, ha reagito uccidendo il suo stupratore, un ex dipendente
dell’intelligence iraniana; accusata di
omicidio volontario è stata condannata all’impiccagione. Durante il processo ha
subito forti pressioni perché ritrattasse l’accusa di stupro: doveva essere
salvaguardato l’onore dello stupratore! Ha sempre rifiutato di ritrattare lo
stupro e sabato 25 ottobre, dopo 7 anni, è stata impiccata a Teheran.
Questa è la storia di REyhaneh
Jabbari così simile a quella delle donne che in tutto il mondo subiscono
negazione di diritti, discriminazione e violenze fino alla morte, solo perché
affermano la loro autonomia e libertà (66.000 donne e bambine vengono uccise ogni anno nel
mondo, un quinto di tutti gli omicidi).
Femminicidio è proprio questo esercizio della violenza contro le
donne degli uomini nelle case, degli uomini in armi nei conflitti, delle
istituzioni patriarcali in tutto il mondo.
Questo l’ultimo messaggio di Reyhaneh alla madre:
Cara mamma,
oggi ho capito che è
arrivato il mio turno di affrontare la morte.
Il mondo mi ha permesso
di vivere solo per 19 anni. È in quella notte infausta, che avrei dovuto essere
uccisa.
Mi hai insegnato che si
viene al mondo per fare un’esperienza e imparare una lezione, e per ogni nuova
nascita c’è una responsabilità sulle spalle di qualcuno. Ho imparato che a volte bisogna combattere.
Mi hai insegnato, quando
andavo a scuola, che bisognava essere una signora anche di fronte alle liti.
Ricordi quanto sottolineasti l’importanza del nostro modo di comportarci? Ti
sbagliavi. Quando è successo questo incidente, i tuoi insegnamenti non mi hanno
aiutata. Presentarmi in tribunale mi ha fatto apparire come un’assassina a
sangue freddo e una criminale spietata. Non
ho pianto. Non ho implorato pietà. Non mi sono afflitta, perché credevo nella
legge.
Ottimista colui che
aspetta giustizia dai giudici! E questo paese, che tu mi hai insegnato ad
amare, non mi ha mai voluta. Nessuno mi ha sostenuto mentre piangevo durante
l’interrogatorio e sentivo tutte quelle volgarità. Quando ho tolto da me
l’ultimo segno di bellezza tagliandomi i capelli sono stata premiata: 11 giorni
in isolamento.
Cara mamma, non piangere
per quello che stai ascoltando. Fin dal primo giorno, quando nell’ufficio di
polizia un vecchio agente scapolo mi fece male per le mie unghie, ho capito che non sono tempi per la bellezza. La bellezza dell’aspetto, la
bellezza dei pensieri e dei desideri, una bella scrittura, la bellezza degli
occhi e dello sguardo, e persino la bellezza di una voce.
Mia cara mamma, prima di
morire, però, voglio qualcosa da te, qualcosa a cui dovrai provvedere tu al
posto mio, con tutte le tue forze e in tutti i modi possibili. Questa è la sola
cosa che voglio da questo mondo, da questo paese e da te. So che ti servirà
tempo per questo. Quindi, ora ti dirò una parte delle mie volontà. Per favore,
non piangere e ascolta. Voglio che tu vada in tribunale e dica loro le mie
richieste. Non posso scriverla dalla prigione, una cosa del genere, perché la
lettera non sarebbe approvata dal capo carceriere. E ora, ancora una volta,
soffrirai per causa mia. Questa è la sola cosa per cui, se anche tu dovessi metterti
a implorare, non ne sarei sconvolta – anche se ti ho detto molte volte di non supplicare per impedire la mia condanna.
Cara mamma, l’unica
persona che mi è più cara della mia vita, io non voglio marcire sotto terra.
Non voglio che i miei occhi o il mio giovane cuore diventi polvere. Implora
questo: che non appena sarò impiccata, venga disposto che il mio cuore, i miei
reni, gli occhi, le ossa, e qualsiasi altra cosa che sia possibile trapiantare,
vengano separate dal mio corpo e date a qualcuno che ne ha bisogno come dono.
Non voglio che il paziente conosca il mio nome, che mi compri un mazzo di fiori
e persino che preghi per me. Te lo dico dal profondo del mio cuore: non voglio
una bara su cui tu debba venire a piangere e a soffrire. Non voglio che tu ti
vesta di nero per me. Fa’ del tuo meglio per dimenticare questi giorni
difficili. Dammi al vento, che possa portarmi via.
Il mondo non ci ama. Non mi voleva. E ora mi consegno a lui e accolgo la
morte.
Cara mamma dal cuore
tenero, nell’altro mondo saremo io e te ad accusare, e gli altri gli accusati.
E vediamo cosa vorrà Dio. Volevo abbracciarti fino al momento della mia morte.
Ti voglio bene.
Reyhaneh
Insieme a lei continuiamo a lottare per la
libertà di tutte le donne, perché vengano finalmente tempi per la
bellezza in cui le relazioni tra le persone si basino sul rispetto e il
riconoscimento reciproco.
Nel nome di Reyhaneh e di tutte le donne che
rivendicano la loro libertà
saremo in piazza Garibaldi a Padova martedì 25 novembre
e Padova alle 17.30
Donne in Nero
donneinnero.padova@gmail.com
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