Come donne in nero di Padova desideriamo condividere informazioni e riflessioni intorno alla guerra.

Crediamo che la guerra mostri oggi la sua totale crudeltà e inutilità.

18 novembre 2014

25 novembre 2014 contro la violenza verso le donne: 17.30 piazza Garibaldi a Padova


PER LA LIBERTA' DELLE DONNE

Vogliamo dedicare questo 25 novembre, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, a REyhaneh Jabbari: violentata a 19 anni, ha reagito uccidendo il suo stupratore, un ex dipendente dell’intelligence iraniana;  accusata di omicidio volontario è stata condannata all’impiccagione. Durante il processo ha subito forti pressioni perché ritrattasse l’accusa di stupro: doveva essere salvaguardato l’onore dello stupratore! Ha sempre rifiutato di ritrattare lo stupro e sabato 25 ottobre, dopo 7 anni, è stata impiccata a Teheran.

Questa è la storia di REyhaneh Jabbari così simile a quella delle donne che in tutto il mondo subiscono negazione di diritti, discriminazione e violenze fino alla morte, solo perché affermano la loro autonomia e libertà (66.000 donne e bambine vengono uccise ogni anno nel mondo, un quinto di tutti gli omicidi).
Femminicidio è proprio questo esercizio della violenza contro le donne degli uomini nelle case, degli uomini in armi nei conflitti, delle istituzioni patriarcali in tutto il mondo. 



Questo l’ultimo messaggio di Reyhaneh alla madre:

Cara mamma,
oggi ho capito che è arrivato il mio turno di affrontare la morte.
Il mondo mi ha permesso di vivere solo per 19 anni. È in quella notte infausta, che avrei dovuto essere uccisa.
Mi hai insegnato che si viene al mondo per fare un’esperienza e imparare una lezione, e per ogni nuova nascita c’è una responsabilità sulle spalle di qualcuno. Ho imparato che a volte bisogna combattere.
Mi hai insegnato, quando andavo a scuola, che bisognava essere una signora anche di fronte alle liti. Ricordi quanto sottolineasti l’importanza del nostro modo di comportarci? Ti sbagliavi. Quando è successo questo incidente, i tuoi insegnamenti non mi hanno aiutata. Presentarmi in tribunale mi ha fatto apparire come un’assassina a sangue freddo e una criminale spietata. Non ho pianto. Non ho implorato pietà. Non mi sono afflitta, perché credevo nella legge.
Ottimista colui che aspetta giustizia dai giudici! E questo paese, che tu mi hai insegnato ad amare, non mi ha mai voluta. Nessuno mi ha sostenuto mentre piangevo durante l’interrogatorio e sentivo tutte quelle volgarità. Quando ho tolto da me l’ultimo segno di bellezza tagliandomi i capelli sono stata premiata: 11 giorni in isolamento.
Cara mamma, non piangere per quello che stai ascoltando. Fin dal primo giorno, quando nell’ufficio di polizia un vecchio agente scapolo mi fece male per le mie unghie, ho capito che non sono tempi per la bellezza. La bellezza dell’aspetto, la bellezza dei pensieri e dei desideri, una bella scrittura, la bellezza degli occhi e dello sguardo, e persino la bellezza di una voce.
Mia cara mamma, prima di morire, però, voglio qualcosa da te, qualcosa a cui dovrai provvedere tu al posto mio, con tutte le tue forze e in tutti i modi possibili. Questa è la sola cosa che voglio da questo mondo, da questo paese e da te. So che ti servirà tempo per questo. Quindi, ora ti dirò una parte delle mie volontà. Per favore, non piangere e ascolta. Voglio che tu vada in tribunale e dica loro le mie richieste. Non posso scriverla dalla prigione, una cosa del genere, perché la lettera non sarebbe approvata dal capo carceriere. E ora, ancora una volta, soffrirai per causa mia. Questa è la sola cosa per cui, se anche tu dovessi metterti a implorare, non ne sarei sconvolta – anche se ti ho detto molte volte di non supplicare per impedire la mia condanna.
Cara mamma, l’unica persona che mi è più cara della mia vita, io non voglio marcire sotto terra. Non voglio che i miei occhi o il mio giovane cuore diventi polvere. Implora questo: che non appena sarò impiccata, venga disposto che il mio cuore, i miei reni, gli occhi, le ossa, e qualsiasi altra cosa che sia possibile trapiantare, vengano separate dal mio corpo e date a qualcuno che ne ha bisogno come dono. Non voglio che il paziente conosca il mio nome, che mi compri un mazzo di fiori e persino che preghi per me. Te lo dico dal profondo del mio cuore: non voglio una bara su cui tu debba venire a piangere e a soffrire. Non voglio che tu ti vesta di nero per me. Fa’ del tuo meglio per dimenticare questi giorni difficili. Dammi al vento, che possa portarmi via.
Il mondo non ci ama. Non mi voleva. E ora mi consegno a lui e accolgo la morte.
Cara mamma dal cuore tenero, nell’altro mondo saremo io e te ad accusare, e gli altri gli accusati. E vediamo cosa vorrà Dio. Volevo abbracciarti fino al momento della mia morte. Ti voglio bene.
Reyhaneh

Insieme a lei continuiamo a lottare per la libertà di tutte le donne, perché vengano finalmente tempi per la bellezza in cui le relazioni tra le persone si basino sul rispetto e il riconoscimento reciproco.

Nel nome di Reyhaneh e di tutte le donne che rivendicano la loro libertà
saremo in piazza Garibaldi a Padova martedì 25 novembre e Padova alle 17.30

Donne in Nero


donneinnero.padova@gmail.com

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