Come donne in nero di Padova desideriamo condividere informazioni e riflessioni intorno alla guerra.

Crediamo che la guerra mostri oggi la sua totale crudeltà e inutilità.

03 maggio 2011

Le madri Iraniane

BARBARA ANTONELLI: LE MADRI DEI TULIPANI A TEHERAN
[Dal sito di "Noi donne" (www.noidonne.org) col titolo "Iran. Le madri dei tulipani"
 
La liberazione dei prigionieri per i reati di opinione, il processo ai responsabili delle incarcerazioni, torture e uccisioni avvenute dopo le elezioni presidenziali del giugno 2009, l'abolizione della tortura e della condanna a morte. Sono queste le richieste delle Madri di Parco Laleh.
Come le Madri argentine di Plaza de Mayo, come le Donne in Nero nate a Gerusalemme alla fine degli anni Ottanta, e le donne curde del Galata Sarai, a Istanbul, con le foto dei loro figli scomparsi. Come loro, le Madri in lutto iraniane, le madri del sabato, non permettono che l'ingiustizia subita dai loro mariti, figli, fratelli venga dimenticata.
Oltre 6.000 iraniani sono stati arrestati a partire dal giugno 2009, secondo i dati diffusi dall'organizzazione Human Rights Watch. Molti di loro rimangono in detenzione senza alcuna specifica accusa.
86 persone sono state uccise dall'inizio del 2011, secondo i dati diffusi da sei organizzazioni in difesa dei diritti umani (tra cui Hrw, Amnesty, Reporters Without Borders). Almeno otto tra quelli uccisi a gennaio erano prigionieri politici, accusati di "moharebeh" cioe' di "ostilita' a Dio".
Maryam Hekmatshoar, attivista iraniana trapiantata in Germania, del gruppo a sostegno delle Madri del Parco Laleh racconta: "Nel 2009 dopo le elezioni presidenziali in Iran, quando si scopri' che quelle elezioni erano state truccate, centinaia di migliaia di manifestanti scesero in piazza a Tehran, e tante donne accorsero per sostenere le Madaran Azadar, le madri in lutto".
Il 20 giugno, Neda Agha-Soltan, una ragazza che manifestava a Tehran, nei pressi del Parco Laleh (il Parco dei Tulipani), durante le proteste duramente represse dalle autorita', fu brutalmente uccisa e la sua morte ripresa da un video amatoriale che ha fatto il giro del mondo. Una settimana dopo le madri che non avevano avuto il permesso di seppellire i loro figli vittime di quelle repressioni, ne' di piangerli, decisero di manifestare in quel luogo, nel Parco dei Tulipani. Contro gli arresti di massa dei dissidenti, contro una politica repressiva che nega alle associazioni e ai movimenti anche di manifestare. Contro chi non ha permesso alle famiglie nemmeno di rivedere i corpi dei propri cari.
Una decisione nata e sostenuta dall'appello di Shirin Ebadi, Premio Nobel per la Pace 2003, che nel corso di una manifestazione a luglio del 2009, da Amsterdam, invito' le donne di tutto il mondo a ritrovarsi nello stesso giorno e alla stessa ora, ogni sabato alle 18, in un parco delle loro citta'. Cosi' altre donne in paesi europei si sono mobilitate per dare voce alle Madri del Parco Laleh, organizzando gruppi di sostegno e proteste nei parchi di tutto il mondo, a Oslo, Dortmund, Francoforte, Amburgo, Londra, Parigi, Vienna, Los Angeles. In Italia quell'appello e' stato raccolto dalle Donne in Nero, che a fine febbraio hanno rilanciato una campagna a loro sostegno. "Non solo in segno di solidarieta' - spiega Luisa Morgantini, gia' vicepresidente del Parlamento Europeo - ma perche' ci riconosciamo nella forza che le donne hanno nel respingere la violenza".
Dal giugno del 2009 le madri iraniane, in silenzio, vestite di nero, con in mano i ritratti dei loro figli uccisi o incarcerati si sono radunate ogni sabato. Per mesi. La polizia governativa ha cominciato ad assalirle, maltrattarle, arrestarle ripetutamente, ma loro hanno continuato. A meta' gennaio sempre Amnesty lancio' un appello per la liberazione di 33 madri, malmenate dalla polizia (dieci finirono in ospedale) e incarcerate nel centro di Vozara (a Tehran). Ora le autorita' iraniane hanno deciso che nemmeno la protesta silenziosa e pacifica e' piu' consentita.
"Sono idealmente le madri di tutti gli iraniani, dei condannati a morte, dei torturati, dei prigionieri politici. Non piangono ne' chiedono giustizia solo per i loro figli ma per tutti quelli che sono stati dimenticati, che non hanno nemmeno piu' una madre che pianga per loro", spiega ancora Maryam Hekmatshoar.
Tra le donne iraniane in prigione ancora oggi, ci sono attiviste, avvocate, giornaliste, studentesse. "Come e' avvenuto per una mia stretta collaboratrice - spiega Shirin Ebadi - Nasrin Sotudeh, che conosco da oltre venti anni e che da sempre combatte contro la pena di morte". Nasrin e' in carcere da oltre 6 mesi, condannata a 11 anni di reclusione e 20 di interdizione dalla professione di avvocato. "Nei giorni successivi al suo arresto (avvenuto a settembre 2010, ndr) - continua Ebadi - le hanno chiesto di testimoniare contro se stessa, lei non ha accettato e la persona che la interrogava ha giurato che avrebbe chiesto al giudice di darle piu' di 10 anni di carcere. I tribunali iraniani non sono indipendenti, ma 'a disposizione' degli agenti governativi. Ho presentato il suo caso all'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani e Navy Pillay ha promesso di dare assoluta priorita' al caso di Nasrin".
In carcere, Nasrin ha rifiutato di mettere la benda sugli occhi per incontrare i suoi familiari, quindi le autorita' le hanno negato tutte le visite; solo a meta' febbraio e' riuscita a vedere i suoi figli, di 4 e 11 anni, per la prima volta da settembre.
"Dopo la Cina, l'Iran e' il paese con il piu' alto numero di pene capitali - spiega il Premio Nobel - negli ultimi due anni le esecuzioni sono triplicate, e tra le persone giustiziate vi sono anche i detenuti politici, tra cui anche minori. In Iran infatti l'eta' della responsabilita' penale e' molto bassa, 15 anni per i maschi e 9 anni per le femmine, questo vuol dire che se una bambina commette un reato, puo' essere giustiziata".
Il sito ufficiale in lingua inglese delle Madri del Parco Laleh e': www.madaraneparklale.org

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