45 ANNI DALL'INIZIO DELL'OCCUPAZIONE ISRAELIANA DEI TERRITORI PALESTINESI: discorso di Judith Warschawski, delle Donne in Nero di
Gerusalemme, durante la cerimonia alternativa “Accensione di torce” organizzata
da Yesh Gvul per celebrare la Giornata dell’Indipendenza israeliana 2012.
Io, Judith
Warschawski, figlia del Rabbino Max Warschawski, possa egli riposare in pace, e
di Miri Warschawski, sono fiera di accendere questa torcia a nome delle Donne
in Nero, e di onorare i miei genitori dando continuità alla tradizione e
all’educazione che ho imparato in casa mia. Dai miei genitori ho appreso la
dedizione ad una causa, la ricerca della giustizia e dell’uguaglianza di
diritti, e la necessità fondamentale di agire per ciò in cui credo - di lottare
contro il male e cambiare la realtà attorno a noi.
Per 24 anni,
una settimana dopo l’altra, un venerdì dopo l’altro, noi donne ci troviamo in
nero in una piazza al centro di Gerusalemme, tenendo in alto una mano nera su
cui compare un solo messaggio: “Mettete fine all’occupazione”. Noi chiamiamo
quel luogo “piazza Hagar”, in memoria di una di noi, una donna che ha ideato e
fondato il nostro movimento. Abbiamo cominciato con un piccolo numero di donne
che hanno deciso di scendere in strada e di brandire una mano, come una
bandiera nera di avvertimento che dichiarava: No! Basta con un’occupazione
senza fine che porta devastazione a tutto. La mano nera che lancia con forza la
verità e la diffidenza contro il marchio di Caino dell’occupazione che è posto
sulla fronte di ciascuno di noi.
Il messaggio è
semplice e generale e anche universale. E’ speciale e significativo perché è
lanciato da una vigil di donne e ancorato in una lunga tradizione di lotte di
donne nel mondo - di donne che si riuniscono per manifestare contro le
ingiustizie insopportabili dei loro paesi, di lotte che sono diverse per
ciascuna. Ci siamo nutrite della tradizione delle donne - le nonne e le
madri - di Piazza di Maggio in Argentina, e con la nostra lotta abbiamo lasciato
in eredità una nuova tradizione, che si è diffusa nel mondo, di vigil di donne
che manifestano regolarmente in molte città, vestite di nero per identificarsi
con noi, contro le ingiustizie del luogo in cui vivono.
La costanza, la
continuità è la nostra qualità principale. Abbiamo cominciato prima del 1988 -
così difficile da credere! - 24 anni fa, all’inizio della prima Intifada e da
allora siamo lì. Malgrado le reazioni ostili, i fischi, i commenti sessisti, i
tentativi di donne di destra di occupare la piazza Hagar, noi abbiamo
perseverato. Siamo diventate parte del paesaggio. E anche se non abbiamo sempre
cambiato la situazione politica, io credo che il richiamo settimanale regolare
sia in se stesso un compimento. Siamo state centinaia, siamo state solo alcune,
siamo state decine, siamo state solamente donne israeliane, abbiamo anche
manifestato con delle internazionali, ma soprattutto - noi eravamo là. Noi
eravamo e siamo una fortezza che non si può abbandonare! Finché siamo presenti
sulla piazza, portiamo una promessa di cambiamento. Questa minuscola fiammella
di moralità, che insiste ad illuminare la vasta oscurità, mostrando che le cose
possono essere diverse, che c’è qualcuno che non può essere ridotto al silenzio
e non si lascerà intimidire.
24 anni, è molto!
Abbiamo celebrato il 99° compleanno di una del nostro gruppo, una giovane è
diventata madre, e molte donne sono morte dopo aver portato luce alla piazza.
Io ho già manifestato su questa piazza con tre generazioni - con mia madre e
mia figlia - e spero e prego di non dover manifestare anche con le mie
nipotine, ma che presto noi non conosceremo più guerra né occupazione.
Abbiamo da poco
celebrato le feste di Pasqua - la festa di liberazione che ci ricorda il detto
di Karl Marx: una nazione che ne opprime un’altra non può essere libera.
E oggi, alla vigilia
della Giornata dell’Indipendenza di Israele, mentre vediamo ogni giorno
calpestati i valori eterni di giustizia, solidarietà, uguaglianza, indipendenza
e pace e assistiamo all’erosione continua della democrazia, io sono
riconoscente, a mio nome e a nome delle Donne in Nero, per l’esistenza di
questa cerimonia alternativa, che perpetua questi valori contrapponendosi alle
celebrazioni vuote e ai fuochi artificiali. Grazie a questa cerimonia, e alle
mie sorelle della vigil, io sono in grado di sopportare un’altra Giornata
dell’Indipendenza, e sopravvivere un anno dopo l’altro, e soprattutto
conservare la speranza: Mettete fine all’occupazione!
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