Scriveva Etty
Hillesum nel suo “Diario” il 23 settembre 1943:
“Non vedo altre
alternative, ognuno di noi deve raccogliersi e distruggere in se stesso ciò per
cui ritiene di dover distruggere gli altri. E convinciamoci che ogni atomo di
odio che aggiungiamo al mondo lo rende più inospitale”
ESSERE
DONNA IN NERO CONTRO LA GUERRA….
Per
me vuol dire NON ABITUARMI
alle
parate militari
all’entusiasmo
per le divise
alle
donne soldate
alle
basi sul nostro territorio
ai
bambini che vanno in visita scolastica nelle caserme e nelle basi
ai
militari che vanno a cercare reclute nelle scuole
ai
giocattoli di guerra per i bambini
ai
giochi di guerra dei grandi
alle
fiction con carabinieri, poliziotti, guardie marine, soldati…
alle
“missioni di pace” all’estero
a
“quanto sono bravi i nostri ragazzi”
a
inni nazionali e tricolori ovunque
a
“le spese militari non si toccano” e se si devono toccare è solo per il nostro
interesse
alla
nostra fiorente industria bellica
alle
nostre vendite di armi dove c’è la guerra
ai
silenzi dei media su certe cose (guerre africane, guerra in Siria, resistenza
nonviolenta palestinese…)
all’attenzione
sproporzionata dei media su altre cose (bombe alla maratona di Boston…)
ad
accettare la logica di risolvere ogni conflitto con l’uso della forza
ad
ogni razzismo, ad ogni nazionalismo
alla
VIOLENZA
alla
GUERRA, forma estrema della violenza
Per
me ESSERE DONNA IN NERO CONTRO LA GUERRA
vuol
dire DICHIARARE CHE SONO CONTRO a tutto questo
vuol
dire DARE VOCE a chi continua ad opporsi contro la violenza e la guerra
vuol
dire cercare con altre e altri – e anche da sola al limite – di mettere qualche
granello di sabbia nella macchina che produce guerra e violenza
vuol
dire far parte di una rete di donne con cui condivido pensieri e pratiche,
cercando di costruire ponti, superare confini, far crescere relazioni e
conoscenze
Grazie, Marianita, per aver espresso così bene pensieri e pratiche che ci accomunano
RispondiEliminaGiuliana